GIORNO 41, POTOSI, BOLIVIA
Ci ho messo tre giorni per capire che mi fanno male le braccia per colpa dei mosquitos. Tra la selva di Macchu Picchu e quella di Sorata ho rimediato un centinaio di punture. E poi mi sono preso la contrattura insolita, che non avevo dalla mia gioventu' da quattrocento ostacolista, e se cammino tanto mi fa male una gamba. Nell'autobus questa notte faceva un freddo incredibile, e mi sono salvato dall'assideramento solo con un ingegnoso utilizzo della mia giacca a vento.
Ma, sia chiaro, va bene cosi'. E' nel conto del viaggio, e' esperienza, per cosi' dire. E poi sono nella citta' dei minatori, gente che lavora senza aria sotto terra, quasi al buio, tra la polvere e la fatica. Decisamente non mi sento in diritto di lamentarmi.
E per iniziare bene il rapporto con l'allegra cittadina questa mattina hanno tentato di truffarmi. Un uomo mi ha fermato e abbiamo iniziato a parlare del piu' e del meno. Dopo pochi minuti e' arrivato un secondo figuro, mostrando un distintivo della polizia, e dicendo che c'era un mandato di cattura per due turisti per commercio illegale di droga e valuta. Dobbiamo seguirlo alla centrale per verificare i nostri documenti.
Sopraggiunge un taxi. 'Alla divisione narcotici!', esclama il finto poliziotto. Io, che gia' mi sento protagonista di una puntata di Ris, sorrido e sdrammatizzo. 'Non ridere che la cosa e' seria!', ribadisce lo sceriffo. Da dove vieni, sei stato in Peru', allora sei pieno di droga, fammi vedere lo zaino, la carta di immigrazione, il passaporto, quanti soldi hai, forse sono falsi, tirali fuori, e i dollari non ce li hai, la carta di credito... non ce l'ho. Puoi andare, e' tutto in regola, tratteniamo sono l'altro uomo.
E il taxi sparisce tra i vicoli malfamati di periferia. A quanto pare a volte basta non avere una carta di credito con traffico illimitato per dimostrare la propria innocenza.