Quotidiana vita tibetana
Per fortuna che ci sono i giochi olimpici. Altrimenti non avrei mai saputo che il Taipei Cinese è diventato uno stato. Che poi non è vero, ma intanto sfila per conto suo, anche se la bandiera è quella con i cinque cerchi e poi il nome della nazione scritto con i trasferibili. Infatti c’è anche la Palestina, con stendardo ufficiale, e Hong Kong in vena di separatismo. Addirittura si presenta Timor Est, che poi lo sappiamo che non esiste, sicuramente è ancora in guerra ma tanto non interessa a nessuno.
Lo Zimbabwe c’è ma hanno chiesto la cortesia al presidente dittatore Mugabe di non presentarsi in modo da non mettere in imbarazzo tutti quanti. Myanmar presente, ulteriore prova che il mancato rispetto dei diritti umani non impedisce la partecipazione alla kermesse dell’anno.
A suo modo, sorprendentemente, c’è anche il Tibet. Grazie a un piccolo sotterfugio, un po’ kitsch e usato decisamente a sproposito, sfruttando l’impatto mediatico degli ultimi tempi. Quando parte la pubblicità si apre una scena californiana, fondale hollywoodiano. Primo piano di Richard Gere che lascia le impronte nel cemento della via delle star. Pochi secondi dopo, stesso zoom sulla faccia d’attore insieme ad un ragazzino vestito da monaco. I due lasciano le impronte nella neve, dietro di loro il palazzo di Lhasa e scene di quotidiana vita tibetana. Richard Gere sale le montagne dell’Himalaya, e le sale grazie a Lancia Delta. Il potere di essere differente.
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