We can start all over again
E' giunta un'altra volta l'ora di cambiare casa. Resto a Roma, mi sposto solo di un paio di chilometri, resto nell'ambito del conosciuto almeno per le vie che incontro, i tavoli dei ristoranti, le linee tortuose degli autobus. Ma ogni volta che trasloco rivivo un insieme di emozioni contrastanti, fatte di piccoli ricordi, oggetti nascosti. Passo in rassegna gli ultimi mesi. Affondo le mani nel cassetto del comodino, ritrovo di inutilità, biglietti gettati, scontrini sbiaditi, tappi di bottiglia.
Preparo subito uno zaino che mi consentirebbe di vivere tranquillamente per i prossimi sei mesi. E poi inizio a spostare la massa di oggetti superflui che mi circonda. Ogni volta penso che ridurrò il tutto all'indispensabile, all'essenziale, per affrancarmi dalla schiavitù del consumismo, dal dilemma di come abbinare un pantalone nero con una maglietta rossa. E invece eccomi da capo.
E allora esco, nella notte, con indosso una felpa, un gilet e una giacca dell'abito. Per non sgualcirli. E un cilindro in testa, l'eskimo, la kefia, lo zaino da viaggio, lo zainetto, la borsa del pc. Che, tra l'alimentatore e le cuffie, accoglie volentieri anche un paio di lenzuola, una bottiglietta di shampoo, una camicia arrotolata che non incontrerà mai un ferro da stiro. Ho un tappo di spumante nella tasca dei jeans.
Una volta a casa non ho sonno. Penso di scrivere qualcosa. Preparo un risotto, anche se sono le tre. E mi guardo intorno. Saluto la mia stanza. Dove tutto ha di nuovo inizio.
Preparo subito uno zaino che mi consentirebbe di vivere tranquillamente per i prossimi sei mesi. E poi inizio a spostare la massa di oggetti superflui che mi circonda. Ogni volta penso che ridurrò il tutto all'indispensabile, all'essenziale, per affrancarmi dalla schiavitù del consumismo, dal dilemma di come abbinare un pantalone nero con una maglietta rossa. E invece eccomi da capo.
E allora esco, nella notte, con indosso una felpa, un gilet e una giacca dell'abito. Per non sgualcirli. E un cilindro in testa, l'eskimo, la kefia, lo zaino da viaggio, lo zainetto, la borsa del pc. Che, tra l'alimentatore e le cuffie, accoglie volentieri anche un paio di lenzuola, una bottiglietta di shampoo, una camicia arrotolata che non incontrerà mai un ferro da stiro. Ho un tappo di spumante nella tasca dei jeans.
Una volta a casa non ho sonno. Penso di scrivere qualcosa. Preparo un risotto, anche se sono le tre. E mi guardo intorno. Saluto la mia stanza. Dove tutto ha di nuovo inizio.
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