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mercoledì, maggio 07, 2014

Bollettino di bordo

GIORNO 37, LUANG PRABANG, LAOS

La giornata inizia alle quattro e trenta. Non solo la mia, da quanto posso appurare. C'e' uno spirito estremamente mattiniero, in Asia. Ci hanno consigliato di arrivare alle cinque alla stazione degli autobus, per essere certi di trovare posto su un mezzo che parte alle 7.30 alla volta di Luang Prabang, antica capitale del Laos. Autobus che, inutile dirlo, non sara' mai pieno.

Si cambia mezzo, per andare avanti. Le moto rimangono da un lato del confine, noi scivoliamo dall'altro. Mattino presto, stanchezza, controlli alla frontiera, una specie di nebbia nell'aria che nasconda alla vista il paese che ci attende. Come galleggiare nel vuoto. Solo di tanto in tanto dal finestrino si intravede un crepaccio di terra rossa, una ferita sul fianco della montagna verde, che riporta alla realta'. Monte, strada, ruote, saldamente aggrappati uno all'altro. Scritte in un nuovo alfabeto, l'unico indizio di una presenza umana, da qualche parte, oltre la nebbia. 

Perdersi, fatto. Nell'idea dovremmo andare a sud, ma occorre fare una lunga deviazione, sull'unica strada del nord. Il sole non dovrebbe essere li. Il muschio sugli alberi dovrebbe crescere sul lato perennemente all'ombra, ma pare non sia cosi'. Altra foresta, altre regole. Fidarsi ciecamente dell'autista. Che procede, con cura ed eleganza, schivando le innumerevoli buche del terreno. 
Poco dopo, o molto dopo, mi sveglio in un punto imprecisato della mappa. Dobbiamo cambiare autobus. Un'odioso bus con le cuccette, buon idea mal applicata, nel mio punto di vista. Viaggiare sdraiati, continuando a rotolare a ogni curva di una strada che e' solo curve, non sembra cosi' confortevole neppure per i laotiani. E poi, non si vede nulla. Una fetta di finestrino inquadra il bordo del manto stradale.

Certo, bello apprezzare qualsiasi cosa viaggiando. Forse solo un po' ripetitivo in questo caso. Dettagli come asfalto piu' chiaro del nostro, un po' meno fine e poco elastico. Terra rossa tinta unita, pietre scure di tanto in tanto. Le ore passano, in questa alternanza di terra, asfalto e polvere.
Meta raggiunta alle ore ventiquattro, vago stato confusionale.


martedì, maggio 06, 2014

A ogni costo

GIORNO 36, DIEN BIEN PHU, VIETNAM

Il viaggio raramente e' prevedibile. Si vive per sensazioni, intuito, si seguono consigli. E si finisce spesso per trovarsi in luoghi e situazioni inaspettate, che comunque costituiscono un aspetto decisamente affascinante dell'esperienza. 
Oggi primo tentativo di passare la frontiera. Un'ora a inerpicarsi sul fianco della montagna, tra paesaggi mozzafiato e foreste intricate, immaginando vista e colori dell'altro lato del passo, altra terra e altra lingua, versante differente di uno stesso crinale che ora fa sbuffare di fatica il motore nel silenzio irreale che lo circonda. Il Laos, pero', e' chiuso. Almeno per gli stranieri che arrivano con motociclette che, secondo la legge vietnamita, non potrebbero neppure possedere. 
Lo temevamo. Le voci si rincorrevano. Un attimo di pausa, uno sguardo a quello che e' solamente un confine immaginario, una convenzione tra due paesi che tracciano una linea sulla carta, e via. Giu', nella stessa valle, dallo stesso versante, incontro alla stessa citta'. Occorre tempo per pensare a un piano b.

Dien Bien Phu ci accoglie sessanta minuti dopo sconvolta da uno strano fermento. Traffico intenso. Musica. Bandiere. Un gruppo di militari a passeggio. Uno striscione che riporta la data di oggi, sessant'anni prima, sei maggio cinquantaquattro. Bello, essere nella condizione di non poter accedere alle informazioni. In Italia qualcuno avrebbe subito tirato fuori il telefono, lanciato google, e detto con voce distaccata velata di soddisfazione: "Eh certo, oggi e' l'anniversario di quella famosa battaglia contro i francesi, che poi e' stata anche l'inizio dell'indipendenza del Vietnam, insomma, un venticinque aprile ma asiatico. Che poi i vietnamiti sono tosti, perche' hanno portato i cannoni sulle colline a mano attraverso la giungla, e gli altri mica pensavano che si poteva fare". E io avrei commentato come mi piace fare spesso con "sciocchi francesi". 

Ma ora, tutto questo, non lo possiamo sapere, e salutiamo con sorriso ebete il passaggio della banda, attendendo la fine della parata di piazza. Dien Bien Phu, citta' simbolo dell'indipendenza, in occasione dei sessant'anni, ha in serbo molto di piu'. Insomma, una di quelle giornate alle quali e' bene arrendersi. Ore passate a cercare un posto dove dormire, senza successo. Ore passate in un bar agenzia di viaggi di cui abbiamo un contatto per cercare di vendere le moto, senza successo. Ore passate a seguire consigli, tipo aspettate qui ho un autobus che va in laos domani ah no non c'e' l'ho piu', vi ospito io stanotte ah no non vi ospito piu' pero' rimanete a cena ah no non ceniamo, andate in stazione a fare i biglietti, dopo, dopo, dopo, la stazione e' chiusa.
Alla fine, comunque vada, domani si passa la frontiera. A ogni costo.

domenica, maggio 04, 2014

Giro d'Italia

GIORNO 34, MU CANG CHAI, VIETNAM

Il Vietnam e' un paese incredibile. E te ne accorgi soprattutto attraversandolo passo passo, chilometro dopo chilometro, alla guida, vento in faccia. Oggi tappa di montagna. Lunghi tornanti, temperature che calano, vegetazione che si adatta all'altitudine. Terreni molto impegnativi, pendenze vertiginose e insediamenti che si fanno piu' radi, meno turistici.
I bambini ai lati delle strade salutano dicendo hello e agitandosi come per un incontro eccezionale. Gli adulti ti ospitano volentieri al riparo quando piove, ti offrono the, tutti sorridono. La felicita' media, in questo lato del mondo, e' sicuramente piu' alta, nonostante tutto. Si parla, un poco. Incontrata un' insegnante d'inglese di un paese che non riesco neppure a pronunciare. Un ragazzo che si esprime in francese con accento quasi provenzale, nonostante io non sappia com'e' l'accento della Provenza, ma che immagino un po' simile al ligure, se non altro per affinita' territoriale. Quindi un vietnamnita che parla francese con accento ligure.

Siamo spesso fermi. Vuoi per la bellezza dei paesaggi. Per la difficolta' di restare su una moto formato mignon. Per i guai meccanici. Le piogge improvvise. Si incontra tanta gente, si fanno un po' di chilometri, ci si ferma per il menu' del giorno. Il chilometraggio ne risente, ma ne guadagna il viaggio.

E poi, come capita nelle grandi tappe del giro d'Italia, dopo lo Stelvio o qualche passo alpino, si arriva in una valle verdeggiante e soleggiata, con un lungo stradone ornato di alberi a fusto, pianure che ondeggiano al vento e un paese operoso sorto sull'ansa del fiume.
Il Vietnam ha un che di Francia, Svizzera, appennino. Buttato nel sudest asiatico. Che ne fa un paese conosciuto ma da scoprire. Da girare, senza dubbio, in lungo e in largo. 

venerdì, maggio 02, 2014

Cocco

GIORNO 32, HALONG, VIETNAM

L'evoluzione umana ci ha portato, secolo dopo secolo, ad affinare competenze e espandere capacita', anche attraverso l'invenzione di utensili sempre piu' specifici ed efficaci. In un certo modo lo strumento ha portato a un'espandersi della parte liminale subumana, rendendo possibili azioni inaspettate.
Ora, poniamo un individuo a cui sono stati sottratti gli oggetti di uso comune alle prese con uno dei suoi nemici naturali: il cocco.

Halong, una delle spiagge piu' belle del mondo, con le sue duemila piccole isole a confodere la linea dell'orizzonte. Divisa d'ordinanza, costume, occhiali, ciabatte. Li, a guardare le onde placide bevendo con una cannuccia da una noce di cocco. Che, e' chiaro, e' il drink ufficiale della spiaggia.
Ma, finito l'aperitivo, il cocco si butta?! Non e' possibile! Occorre trovare un modo per aprirlo!

L'eterna sfida dell'uomo contro la natura. L'istinto di sopravvivenza che si ingegna per estrarre il cibo da quell'involucro apparentemente inespugnabile. 
Da bambini al mare usavamo un mattone del vialetto, e giu' a sassate. O lo chiudevamo in una busta e facendolo roteare lo lanciavamo stile bolas contro il muro, con spirito ninja. I piu' approssimativi usano un martello, qui e' tradizionale il machete. Io ho una cannuccia. 

Morale? Apprezzare gli sviluppi della tecnologia umana. Per il momento, ha vinto il cocco.

mercoledì, aprile 30, 2014

I diari della motocicletta

GIORNO 30, HANOI, VIETNAM

La citta' imborghesisce. Specialmente Hanoi, con il suo quartiere francese, le baguette agli angoli delle strade, i locali e la vita notturna. I tratti gentili dei suoi abitanti, i fiumi di viaggiatori che riscoprono un legame particolare con questa terra un po' europea e un po' asiatica.
Tempo di muoversi.

Abbiamo una moto. O, meglio, due. Non c'e' officina, laboratorio, negozio, ostello, che non abbiamo visitato. Perche' la citta', o almeno il centro storico, vive in buona parte su questo, vendere viaggi e servizi ai turisti, e motociclette per muoversi in modo spensierato per il paese. Ora, basta non confondere la nostra idea di moto con quella vietnamita. Si parla di modelli stile anni sessanta, tenuti insieme da abbondante nastro isolante e una buona spruzzata di vernice, con un ruggito paragonabile al Ciao dei tempi migliori. Centodieci cc, contachilometri finito a 99999 per la moto di Luca, 13 chilometri per la mia, che forse e' riuscita a ripartire dopo essere passata dal via. Bellissime, comunque.

E' come fare un tuffo nel passato, ai tempi in cui ci si metteve su due o quattro ruote su un mezzo potente come uno scooter e si girava l'Europa. Sulle strade che erano perlopiu' statali, appoggiate alla rinfusa sul paesaggio, e non noiose lingue di cemento senza una curva per ore e ore. E poi, questo Vietnam allungato nel sudest che ricorda l'Italia, con le montagne al nord e una lunga striscia di terra verso sud che sorride al mare.
Oggi ultimi accorgimenti: studiare le strade, trovare cinghie e telo per assicurare lo zaino, perdersi per Hanoi.
Poche ore a una nuova partenza.


lunedì, aprile 28, 2014

Trenta su trenta

GIORNO 28, HANOI, VIETNAM


Non si sa come, abbiamo guadagnato un'ora. Nuovi prodigi del fuso orario. Arrivo in Vietnam, Hanoi, poco prima dell'alba. 
Viaggio fin troppo semplice: nessuno che sgranocchia zampe di galline come nella precedente tratta. Nessun pasto solubile, che tuttavia mi sento di ringraziare per la sua economicita' ma che spero di salutare per sempre, dopo aver trovato un uovo marrone (forse di tek, o parquet) nell'ultimo entusiasmente noodle beef super explosion qualcosa. Frontiere facili, un'ora per lato, se non fosse per un addetto all'immigrazione che non mi riconosce sul passaporto. Sono bastate barba incolta, ciuffo anni ottanta, e una cicatrice che non ho piu' a far sorgere dei dubbi nel ligio operatore. Dubbi risolti con il confronto della foto diciottenne sulla patente, in cui sfoggio capelli lunghi una quarantina di centimetri e, se non ricordo male, una maglietta dei System of a down. 

Cuccette top class acquistate dall'Italia su un improbabile sito di Hong Kong ai fini dell'ottenimento del visto. Biglietti non falsi, evento piuttosto sorprendente. 
Vietnam conquistato, trentesimo stato in carriera in quasi trentanni di vita. Un sesto, un settimo, del mondo. 

Ritorno al turismo di massa, Hanoi invasa da turisti da ogni parte del mondo. Meta' viaggio raggiunta, finito il piano prestabilito, i lunghi spostamenti. D'ora in poi si vaga. Poco piu' di un migliaio di chilometri all'arrivo, da percorrere in tutta calma, scegliendo itinerari poco battuti. Insomma, un altro viaggio.
Che inizia da qui, dal numero trenta. Il Vietnam.