La metà della metà
Penso agli Stati Uniti. Trecento milioni di abitanti. E si pensa subito ai grattacieli, a quelli che ci sono e quelli che non ci sono più, ai giganti di cemento, alle superstrade. Poi si legge trentuno abitanti per chilometro quadrato. Che sono pochi, in effetti. E allora uno si ricorda anche il gran canyon, le montagne rocciose, la casa nella prateria. E la signora in giallo, che girava in bicicletta nelle campagne di Cabot Cove.
Fatto sta che alle ultime elezioni per il re del mondo, insomma per il presidente, la partita è finita sostanzialmente in parità. Ma la storia continua, anche all’interno dello stesso partito. Hillary Clinton e Barack Obama, cinquanta e cinquanta, fifty fifty. Non si riesce a prendere una decisione. Nessuno vuol farsi da parte. Si vota in due stati, uno a testa. Per quella strana legge che tende a compensare chi si trova leggermente in svantaggio, dandogli un’altra opportunità, rimettendolo in corsa.
Perchè ogni americano è indeciso, combattuto, dentro di sè. E non vuole perdere l’alternativa. La possibilità di confronto. O forse soltanto ha paura di commettere nuovamente gli stessi errori.
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