giovedì, febbraio 08, 2007

Lost in translation

Valencia è universalmente riconosciuta come patria della paella. Quest'anno è però soprattutto la città dell'America's Cup. Il prestigioso trofeo velico arriva infatti nel mar mediterraneo, per la prima volta in 156 anni di storia, grazie alla vittoria strappata tre anni fa ai neozelandesi dagli svizzeri di Alinghi. Quasi per ironia un paese senza mare, li davanti a tutti, che darà finalmente agli europei la possibilità di vivere l'emozionante sfida verso la vittoria. Si preannuncia l'edizione più intensa e coinvolgente di sempre, un evento sportivo unico capace di catalizzare l'attenzione e gli investimenti del mondo. Cinque continenti in gara con dodici equipaggi, nella splendida cornice di una città moderna e dinamica che febbricitante si prepara all'inizio delle competizioni. Un colpo da dieci milioni di turisti nel giro di pochi mesi.
Valencia si trasforma, cambia faccia; la tensione è alta tutto dovrà essere perfetto ed efficiente.
Durante un giro all'aeroporto , complice un breve ritorno a casa, mi accorgo di quanto in pochi giorni sia cambiato. Il nuovo terminal cresce poco a poco, la quarta linea metro è prossima all'inaugurazione. Lontano si distinguono bar e ristoranti, scaffalature ancora impacchettate, punti assistenza, gallerie commerciali. Uno stuolo di vigilanti presiede il check-in. Controlli, perquisizioni.

Memorabile la scena della guardia giurata che per due volte si sincera che una spazzola per capelli non abbia il manico estraibile. Solo una volta in "furia cieca" ho visto una spada uscire da un ombrello. Temeva forse che la spazzola nascondesse una lima per unghie?
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