Lavori socialmente inutili
Ho fatto il mio primo colloquio di lavoro. Le faremo sapere.
Detto così sembra semplice. Invece è stata una vera e propria battaglia.
Saremo stati trenta candidati. Per un posto solo, si intende. Tanti italiani, stranieri, anche spagnoli. Un lavoro di quelli supersfruttati, sottopagati, nel quale mi spiegano è previsto anche un bel turno notturno dall’una alle nove di mattina. D’altronde non si può pretendere tanto, nell’era della comunicazione, dei giri di parole, delle metafore, non parlare perfettamente la lingua è un bello svantaggio. Che poi ora non parlo neanche più tanto male, mi faccio capire. In questi giorni ho anche scoperto l’uso dei tempi passati, come nel caro vecchio italiano. Certo non mi esprimo in impeccabile accento castigliano. Fatto sta che mi sono arrampicato sugli specchi nel colloquio e con gran colpo finale ho fatto notare che nel mio curriculum spicca una mia esperienza in Italia nello stesso identico impiego, tralaltro svolto anche per diversi mesi. Sono sicuro di essere l’unico a conoscere già tutto del settore, a ricordare procedure, passaggi, accorgimenti. Chissà se nell’anima del selezionatore prevarrà lo spirito patriottico o l’effettiva conoscenza del lavoro.
Poi a pensarci bene ho deciso che se anche mi richiamano gli dirò di no. Perchè mi chiedono due settimane con orari assurdi, e fino a qui andrebbe pure bene, ma proprio nel periodo de Las Fallas, ovvero la più grande festa di Spagna, gente in giro tutta la notte, spettacoli, fuochi, parate.
Ho pensato che non ne vale la pena. Ancora un paio di mesi di inattività me li posso concedere. Altrimenti rischio di perdermi le mirabolanti sfide a calcio con un limone come la notte scorsa, in plaza de la virgen. O l’attesissima finale del campionato di pelota, domani mattina. O ancora la festa che sta per iniziare in questo sabato sera valenciano.
Detto così sembra semplice. Invece è stata una vera e propria battaglia.
Saremo stati trenta candidati. Per un posto solo, si intende. Tanti italiani, stranieri, anche spagnoli. Un lavoro di quelli supersfruttati, sottopagati, nel quale mi spiegano è previsto anche un bel turno notturno dall’una alle nove di mattina. D’altronde non si può pretendere tanto, nell’era della comunicazione, dei giri di parole, delle metafore, non parlare perfettamente la lingua è un bello svantaggio. Che poi ora non parlo neanche più tanto male, mi faccio capire. In questi giorni ho anche scoperto l’uso dei tempi passati, come nel caro vecchio italiano. Certo non mi esprimo in impeccabile accento castigliano. Fatto sta che mi sono arrampicato sugli specchi nel colloquio e con gran colpo finale ho fatto notare che nel mio curriculum spicca una mia esperienza in Italia nello stesso identico impiego, tralaltro svolto anche per diversi mesi. Sono sicuro di essere l’unico a conoscere già tutto del settore, a ricordare procedure, passaggi, accorgimenti. Chissà se nell’anima del selezionatore prevarrà lo spirito patriottico o l’effettiva conoscenza del lavoro.
Poi a pensarci bene ho deciso che se anche mi richiamano gli dirò di no. Perchè mi chiedono due settimane con orari assurdi, e fino a qui andrebbe pure bene, ma proprio nel periodo de Las Fallas, ovvero la più grande festa di Spagna, gente in giro tutta la notte, spettacoli, fuochi, parate.
Ho pensato che non ne vale la pena. Ancora un paio di mesi di inattività me li posso concedere. Altrimenti rischio di perdermi le mirabolanti sfide a calcio con un limone come la notte scorsa, in plaza de la virgen. O l’attesissima finale del campionato di pelota, domani mattina. O ancora la festa che sta per iniziare in questo sabato sera valenciano.
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