Tre passi avanti
Cammino. E tanto, sempre e comunque. Perchè camminando si scoprono percorsi sconosciuti, si affronta una città con la lentezza necessaria, si supera il fastidioso limite del ricordo formato cartolina. Si fissano nella mente volti e profumi, parole e pensieri, scritte sui muri, sensazioni. Forse anche l’immondizzia agli angoli delle case e i barboni sotto ai ponti.
Finchè torno a casa, in quella via tranquilla fatta di due file di palazzi gialli che si specchiano uno nell’altro. Stretta, poco trafficata, leggermente anonima, eppure piena di attività, uffici, persone. Un micromondo perfettamente autonomo, con tutto ciò che serve. Credo che si potrebbe vivere senza uscire mai da questa strada, immaginando l’infinito e lo sconosciuto al di là del parcheggio residenti o del cartello di precedenza. Un supermercato, due agenzie di viaggio, un negozio di cuscini. Si, solo cuscini. Il tabaccaio più piccolo del mondo. La porta aperta arriva a toccare il bancone, si entra uno alla volta ovviamente. Poco più in là c’è una sorta di ‘club dei toreri’, un bar molto folk e forse kitsch. Ha più teste di toro appese alla pareti che clienti in un anno. Proprio di fronte un laboratorio fotografico che ingombra il marciapiede di telescopi, gelosamente curati dal proprietario, che va in apprensione ogni volta che deve rientrare in negozio per qualche cliente. Una banca con accanto un bar dove si ritrovano tutti gli impiegati durante la pausa pranzo. In fondo alla strada un’altra banca, altro bar, altri impiegati. Un negozio di tessuti, forse in affari o forse rivale del negozio di cuscini.
Finchè torno a casa, in quella via tranquilla fatta di due file di palazzi gialli che si specchiano uno nell’altro. Stretta, poco trafficata, leggermente anonima, eppure piena di attività, uffici, persone. Un micromondo perfettamente autonomo, con tutto ciò che serve. Credo che si potrebbe vivere senza uscire mai da questa strada, immaginando l’infinito e lo sconosciuto al di là del parcheggio residenti o del cartello di precedenza. Un supermercato, due agenzie di viaggio, un negozio di cuscini. Si, solo cuscini. Il tabaccaio più piccolo del mondo. La porta aperta arriva a toccare il bancone, si entra uno alla volta ovviamente. Poco più in là c’è una sorta di ‘club dei toreri’, un bar molto folk e forse kitsch. Ha più teste di toro appese alla pareti che clienti in un anno. Proprio di fronte un laboratorio fotografico che ingombra il marciapiede di telescopi, gelosamente curati dal proprietario, che va in apprensione ogni volta che deve rientrare in negozio per qualche cliente. Una banca con accanto un bar dove si ritrovano tutti gli impiegati durante la pausa pranzo. In fondo alla strada un’altra banca, altro bar, altri impiegati. Un negozio di tessuti, forse in affari o forse rivale del negozio di cuscini.
Tutti tranquilli, rilassati, contenti di trovarsi appena fuori dalla confusione che in questi giorni si abbatte sulla città. Una strana sensazione di calma, che svanisce non appena si passa il cartello di precedenza ricadendo nel traffico dell’ora di punta.
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