Dizionario casalingo
Per un giorno ho parlato solo italiano e francese. Rapido incontro con i genitori del conquilino d’oltralpe, due parole con la milanese, giro turistico della città senza aprir bocca. A volte penso che si potrebbe vivere in Spagna anche senza sapere una parola di spagnolo.
Tralasciando il fatto che Valencia è piena di italiani, per essere nell’era della comunicazione abbiamo ben poche cose da dirci. E’ semplice, uscire, acquistare, divertirsi, capire. Andare a fare la spesa. Scaffali ordinati con immagini esplicative, banchi verdure contrassegnati da numeri. Una volta alla cassa rispondere ‘no’ in automatico a una qualsiasi frase della cassiera, che può porgervi solo due domande: se avete una tessera punti o se per caso non avete quei settantatre centesimi per evitare un resto complicato. Poi prendere un autobus, una metro. Con i loro schermi informativi, gli orari e i percorsi stampati chiaramente. Pagare una bolletta, è sempre questione di numeri, carte di credito. Guardare la televisione, leggere un giornale, ascoltare la radio, ora si può fare tranquillamente con un computer, e nella lingua preferita. Si può addirittura scrivere e parlare con gli amici a casa, lontani ma con il nostro stesso patrimonio di parole e modi di dire. E poi esistono tanti lavori nei quali non è richiesta alcuna brillante parlantina. Anzi, se non si parla meglio, si perde meno tempo.
Forse è per questo che tanti stranieri non parlano bene la lingua del paese in cui vivono. Perchè se un italiano vive con la sua famiglia italiana e non ha una grande voglia di parlare con la cassiera, il panettiere, il vigile, il meccanico, non sono certo quest’ultimi che insistono sulla conversazione. Così come accade a un cinese in Italia o a un marocchino in Francia. Fatti, non parole. Fino alle estreme conseguenze.
Tralasciando il fatto che Valencia è piena di italiani, per essere nell’era della comunicazione abbiamo ben poche cose da dirci. E’ semplice, uscire, acquistare, divertirsi, capire. Andare a fare la spesa. Scaffali ordinati con immagini esplicative, banchi verdure contrassegnati da numeri. Una volta alla cassa rispondere ‘no’ in automatico a una qualsiasi frase della cassiera, che può porgervi solo due domande: se avete una tessera punti o se per caso non avete quei settantatre centesimi per evitare un resto complicato. Poi prendere un autobus, una metro. Con i loro schermi informativi, gli orari e i percorsi stampati chiaramente. Pagare una bolletta, è sempre questione di numeri, carte di credito. Guardare la televisione, leggere un giornale, ascoltare la radio, ora si può fare tranquillamente con un computer, e nella lingua preferita. Si può addirittura scrivere e parlare con gli amici a casa, lontani ma con il nostro stesso patrimonio di parole e modi di dire. E poi esistono tanti lavori nei quali non è richiesta alcuna brillante parlantina. Anzi, se non si parla meglio, si perde meno tempo.
Forse è per questo che tanti stranieri non parlano bene la lingua del paese in cui vivono. Perchè se un italiano vive con la sua famiglia italiana e non ha una grande voglia di parlare con la cassiera, il panettiere, il vigile, il meccanico, non sono certo quest’ultimi che insistono sulla conversazione. Così come accade a un cinese in Italia o a un marocchino in Francia. Fatti, non parole. Fino alle estreme conseguenze.
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