Long way east
Un treno di quindici, venti vagoni, scivola nella taiga
russa. Un finestrino a nord, un finestrino a sud. Il convoglio corre, senza incertezze, verso est. Non ci si puo’ sbagliare. Da un lato
alberi e neve, dall’altro pure.
E nevica. Sottile sottile, soffice soffice, in
una luce da perenne crepuscolo che confonde il confine tra cielo e terra.
Smussa gli angoli, le forme, in infinite sfumature di bianco di un operoso
pittore esistenzialista.
Nel vagone della platzkart, la terza classe,
cinquanta soldatini assiepati nelle loro cuccette ingannano il tempo bevendo
the e vodka, giocando a carte, leggendo, preparando la cena. E’ un vivere
quotidiano, quello della transiberiana. E non potrebbe essere altrimenti, con
giorni di rotaie da affrontare. All’ingresso del vagone la lista delle fermate
farebbe impallidire il piu’ determinato dei viaggiatori. Abbiamo scelto di
scendere a Irkutsk, nel cuore della Siberia, dove l’arrivo e’ previsto dopo
ottantasette ore di viaggio. E cinquemilacento chilometri.
Difficile comprendere la portata di certe distanze.
Sdraiato in cuccetta, cullato
dal treno. Valutando la complessita’ di un azione in relazione al tempo e allo
spazio. O al movimento. Quasi
impossibile scrivere. Possibile iniziare a leggere Il signore degli anelli e
finirlo prima di scendere. Poco probabile che la batteria di un lettore mp3 sia
sufficiente per giungere a destinazione. Semplice, da quanto posso osservare,
trasportare il fabbisogno alimentare di una famiglia per dodici pasti.
Divertente comunicare. Con le parole di un vocabolario o con un lessico
internazionale calcistico. E a gesti. Inventati, simbolici. Un lieto diversivo
al lento scorrere delle ore nel vagone di terza classe.
Nessun commento:
Posta un commento