The Gher experience: parte 2
GIORNO 18, KHARKHORIN, MONGOLIA
Trasferimento nella gher dei parenti, sempre con Attila e Gengis, gli adorabili bambini, al seguito. La mattina raccogliamo materiale per cosi' dire 'combustibile'. Il riscaldamento delle gher, in un paese nel quale non crescono alberi, avviene in un modo abbastanza fantasioso. Si bruciano gli scarti della digestione animale, ovvero... insomma, erba masticata, passata attraverso lo stomaco di un bovino, che torna alla luce sotto altra forma.
Attivita' edificante che ci da la conferma di essere benvoluti nella comunita' nomade.
Nel pomeriggio il ruolo affidatoci e' invece quello di cane pastore. Raduniamo duecento o trecento capre che se ne stanno liberamente pascolando per riportarle all'ovile, dimostrando anche una certa perizia, forse maturata in anni di giochi di strategia online.
Scendiamo allo shop a prendere un caffe', complice il brutto tempo fisso. Quattordici chilometri a piedi nei prati. E caffe', solubile, estremamente guadagnato. La sera passa tra tentativi di comunicazione e lotta tradizionale alla tv. Perche', anche se nel mezzo del nulla, la tv non puo' mancare.
Al mattino la famiglia al completo si presenta per portarci a Kharkhorin, l'antica capitale. Stesso furgoncino, tre posti, e noi, cinque adulti, due bambini, tre zaini, due sacchi a pelo. In due, all'apparenza italiani, finiscono nel cassone del furgoncino, seduti su un sacco di lana di capra, vestiti come esploratori artici dei primi anni venti. Nevica, un grado, e ottanta chilometri per l'antica capitale.
L'esperienza della dura vita nelle steppe mongole si puo' dire conclusa. Con grandi risultati e un conquistato rispetto.
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