giovedì, maggio 09, 2013

Riti di passaggio

GIORNO 24, NEW DELHI

Succede sempre cosi'. Si parte, con addosso accadimenti recenti, frammenti di quotidianita', occhi che osservano ma spesso non vedono. I primi giorni di viaggio si vive la scoperta e si sente la fatica, nelle gambe, e la confusione dei paragoni, nella testa.
Poi, in un momento preciso, accade qualcosa.

E il viaggio non e' piu' un modo per staccare dalla routine, ma una vita parallela, con le sue imperfezioni, i suoi rituali, il suo senso di aderenza con cio' che la circonda. E' un'esperienza che assume un significato, non una collezione di fotografie e piccoli souvenir. E, senza essere troppo sentimentali, e' qualcosa che si porta dentro.
Alla fine rimane come un timore, nel reinserirsi nel reale, perche' ormai cio' rappresenta un nuovo cambio di condizione, una sfida da vivere con maggiore forza, specialmente per chi non e' facilitato nel 'rientro' da un lavoro regolare o da scadenze da rispettare.

Insomma, l'India non e' un paese semplice. Ma ti conquista lentamente, perche' in India tutto e' possibile. Ed e' proprio questa assenza di limiti che affascina, con le sue esagerazioni, capaci di portarti dall'odio all'amore e viceversa nel tempo di una corsa in tuk tuk. E nel momento in cui sei in armonia con questa terra, non puoi sentirti in armonia con l'Occidente. Devi scegliere. Barcamenarti nel miglior modo possibile. Devi affrontare il rito di passaggio.
Poi, in un momento preciso, accadra' qualcosa. Forse su quel volo di ritorno, con il pranzo turco della compagnia aerea. O in aeroporto, di fronte alle tazzine del caffe'. O in salotto, un pomeriggio, sul divano. Sentirai che l"India ti sta dimenticando. Ma ti sentirai a casa, in armonia con cio' che ti circonda e con qualcosa di nuovo nei tuoi ricordi.


martedì, maggio 07, 2013

Fast food

GIORNO 22, NEW DELHI

Back in Delhi, rigettato un'altra volta nel cerchio dei procacciatori di turisti. Ormai preparato, consapevole, capace di dire a chi vende pacchetti di viaggio che parto domani, agli autisti di tuk tuk che vivo a Delhi da sei mesi, ai negozianti che faccio delle ottime offerte su dei cuscini comprati in Rajasthan, ai giovanotti conoscitori del mondo che la mia patria e' Andorra. Buio totale. Saluto anche in basco, se necessario.

Sono stato da McDonald's. Ok, non sono un sostenitore del mondo globale e questo andrebbe un po' contro l'etica oltre che contro il comune buon senso. Ma il fast food e' uno di quegli indicatori di un paese che non puo' mancare, una sorta di rituale, che ricerca in una formula sempre uguale, quella del cibo preconfezionato disneyano, uguaglianze e differenze.
Difficile pensare di aprire un McDonald's in un paese che non mangia maiale, per via dei mussulmani, e non mangia bovini, per via degli indu'. Infatti ecco il McChicken, il doppio Chicken, il Masala Chicken, il Veg Burger e il salutare panino con il filetto di pesce. Quell'incrocio tra fritto e salute che tanto poco successo ha avuto da noi da essere lentamente caduto nel dimenticatoio. E poi tutta una serie di cose piccanti, gli omaggi regionali, e il gelato, quello bianco denso come il polistirolo, che di volta in volta assume gusti e forme differenti.

I frequentatori sono quasi tutti giovani che si lasciano affascinare facilmente dall'occidente, vestono in jeans e maglietta, giocano con i loro smartphone. Solo qualche copricapo sikh e un gruppetto di viaggiatori coreani ci ricorda che siamo in India. Che e' un paese che corre, e cresce, a sua insaputa. In una direzione che non prende volontariamente, ma nella quale e' costretta dalle regole di un mondo che impone un certo standard di vita', di affermazione, di felicita'. 
E' un paese che nella sua frenesia di sviluppo crea contraddizioni e poverta', confusione, apparente benessere. E che ha basi cosi' poco solide da dover fare presto i conti con tanti dei suoi problemi.


domenica, maggio 05, 2013

Riflessioni

GIORNO 20, VARANASI, UTTAR PRADESH

Difficile non tirare le somme, in un posto come questo. La citta' della vita e della morte. Strade antiche, intricate, nascoste da un groviglio di motori e cemento, contornate dalle acque placide del Gange. Un luogo nel quale si sento il peso di una storia di quattromila anni. E bramini, mosche, moto, capre, mucche, turisti, un fiume umano che si riversa su un tappeto di fiori e rifiuti.
E fuoco, acqua. Fiammelle che alla sera galleggiano sul Gange, a simboleggiare i propri desideri. Odore di cenere nell'aria, di chi viene qui a morire per sfuggire all'eterna rinascita. C'e' il sacro, il profano, la contraddizione evidente di un paese come l'India, moderna e ancestrale. E la folla.

Varanasi suscita sensazioni, difficile da trasportare in parole. In un mondo nel quale tutto ci scivola addosso e' bello trovare una citta' che abbia ancora una spiritualita' intrinseca, un sentire collettivo che si puo' respirare negli spazi aperti del fiume cosi' come nei vicoli soffocanti. 

Potrebbe essere un buon luogo per riflettere. Ma non in modo definitivo, conclusivo, come pare essere per i milioni di persone che ogni anno accorrono qui. Ma di passaggio, un tassello di un percorso piu' ampio, un'immagine non banale da aggiungere al nostro bagaglio interiore. 




venerdì, maggio 03, 2013

Il deserto dei Tartari

GIORNO 18, KHAJURAHO, MADHYA PRADESH

Sono in albergo da solo. Nel senso che ci sono solo io, in tutta la struttura, e gia' la cosa farebbe abbastanza ridere. Ma diventa comica se decido di cenare. A qualsiasi ora, apre la cucina, il ristorante, si accendono le luci. Il menu' e' sempre tutto disponibile.
Chissa' se fanno come il mio buon amico Mario, che cucinava il primo del mese e conservava tutti i pasti congelati in bustine monodose. Aveva un frigo solo per lui, che troneggiava in sala da pranzo a Bologna accanto al televisore della Champions League. Perche' la tv era solo per le serate della Champions League, fatte di calcio, polpette scongelate e tornei di ping pong sul tavolo da pranzo.

Qui al limite si parla di cricket e del fatto se l'ospite vorra' fare colazione domani o sara' l'ennesima mattinata da deserto dei Tartari. E' un posto tranquillo e, ormai l'ho capito, maggio e' bassa stagione. 
Ma ci sono lati positivi. Ho preso una bicicletta e ho vagato fuori dal paese. Finalmente, uno scorcio d'India incontaminata, volti stupiti degli abitanti al passaggio di questa mina vagante che pedala come in una tappa del giro delle Fiandre. Templi a sud, templi a est, poi un lungo falso piano fino alla riserva naturale, alle cascate senza'acqua, al rifugio assonnato dei guardaparco. Ritorno, con difficolta', contro vento e con una mandria contromano.  

Ad aspettarmi sul terrazzo i tre camerieri che affettano e tagliuzzano, il tavolo apparecchiato con vista del tramonto sui templi. Menu' spiegato, bottiglia in fresco, impossibile rifiutare. Mi siedo, tavolo numero uno. L'unico.

giovedì, maggio 02, 2013

Il gioielliere

GIORNO 17, KHAJURAHO, MADHYA PRADESH

Salim ha ventinove anni ed e' un tipo sveglio. Non sa leggere e scrivere, e ha il suo nome tatuato sul dorso di una mano. Parla un ottimo inglese. Gli piacciono le ragazze spagnole. Guida il rickshaw, che non e' neppure suo, ma in affitto. E visto che gli affari scarseggiano si ferma a parlare con me che sfinito dal sole boccheggio sul bordo di un marciapiede.

Uno di fronte all'altro. Basterebbe scambiare i nostri luoghi di nascita e ora sarei io a farmi cinquanta chilometri al giorno pedalando con due passeggeri sul groppone. Lui scherza: ha l'aria condizionata, solo in discesa pero'.
E' un periodo in cui si guadagna poco. Fa troppo caldo, i turisti ricchi preferiscono i mezzi a motore e gli indiani si risparmiano volentieri una manciata di rupie. Ma c'e' un altro modo per tirar su quel che basta per sopravvivere: portare gli stranieri a fare shopping. Anche se il malcapitato non compra nulla Salim riesce a farsi dare qualcosa. E' una specie di lavoratore a cottimo. E poi puo' avere una percentuale sugli acquisti.

Mi chiede di prestarmi nel ruolo del turista spendaccione. D'accordo, ho un sacco di tempo libero. Guido io pero'. Ed eccomi contromano in un angolo sperduto dell"India a pedalare per il mio inconsueto passeggero. Scambio di ruoli a pochi metri dal negozio, e si va in scena. Il gioielliere. Sfoggio il mio talento da intenditore di pietre, ammiro la fattura, il taglio, ottengo anche un buon prezzo per un paio di orecchini e pendente. Ci devo pensare, a presto. E via, verso nuove avventure.