lunedì, maggio 28, 2007

Forse no

Che strana storia. Tra quattro ore devo essere in piedi, allegro e pimpante, farmi centotrenta chilometri in treno, più venti minuti di corsetta perchè ovviamente il ‘regionale veloce’ non sarà così rapido. Presentarmi alle otto all’università, sostenere un esame scritto su seicento anni di letteratura. Che avrei potuto studiare solo con riassunti a appunti senza aver mai sfogliato una pagina dei trenta libri che ho in bibliografia. Che poi se va male tanti saluti e ci si rivede a settembre. Se non si fosse capito è un sistema che non mi piace molto. Sarà che sono diventato insofferente a queste mezze misure, al pressapochismo.

In questi giorni ho rivisto e ritrovato, oggetti, persone, situazioni che avevo messo in disparte in quest’ultimo periodo. Momenti che apprezzo e altri che disprezzo. Ho rivisto le risse in discoteche, gente che balla tra le bodyguard, ragazze scostanti. Mi mancavano? Forse no. Ho parlato con menti inquadrate, persone che criticano per il gusto di farlo. E’ stato un piacere? Forse no. Per fortuna ho anche incontrato amici che non vedevo da tanto, ma con i quali è sempre bello passare il tempo, parlare, raccontarsi i vecchi tempi e i nuovi progetti. Mentre mancano soltanto pochi giorni a una nuova partenza.

venerdì, maggio 25, 2007

Data da destinarsi

Dopo lunghe peripezie ho lasciato definitivamente Valencia.
Ritorno a casa, ritorno a una vita completamente diversa da quella degli ultimi mesi. Perchè attorno non scorre l’energia di una città che si tuffa nel mare, ma la tranquillità di un paesino tra le colline. Uno di quei posti che a guardarli ti fanno venire in mente un sonetto di Leopardi. Qualche amico, lauree e compleanni, famiglia, una passeggiata. Altri ritmi e altri orari fanno da sfondo alla necessità ancora una volta di riflettere, pensare, programmare quello che succederà più avanti. Quando, beninteso, non si ha la minima intenzione di fissare date e scadenze.

Perchè non è indispensabile seguire l’arrivismo dilagante: si possono portare avanti sogni più che progetti, idee piuttosto che convinzioni. Penso che ogni esperienza mi insegni che non bisogna accontentarsi. Nel senso buono del termine. E’ importante trovare sempre un nuovo stimolo, un obiettivo differente, una strada complicata da affrontare. Ma se devo parlare di fatti concreti, intanto nei prossimi giorni mi aspetta uno studio ‘matto e disperatissimo’. Quindi considerazioni rimandate. Data da destinarsi.

martedì, maggio 22, 2007

Cancelled

Il primo pensiero di questa mattina è che la Spagna non vuole lasciarmi. E per questo cancella tutti i voli per l’Italia, scombinando i piani di persone ben più impegnate di me che sbraitano con la signorina del check-in.
La realtà invece racconta di sciopero, ovviamente dei dipendenti Alitalia (come fosse una novità) ma sopratutto degli uomini radar, figure leggendarie che con cento occhi dirigono il traffico aereo. Senza riempire il cielo di segnali stradali, caselli e corsie preferenziali. Ma semplicemente disegnando rotte fatte di numeri e linee sottili. Niente controllo e niente radar con conseguente chiusura di ogni aeroporto italiano. Una sorta di festa nazionale, con tanto di processione (di scioperanti in manifestazione), laudi al cielo (di viaggiatori bloccati), pranzi a base di caffè e croissant (tra i turisti solidali nella sventura).

Tutto il resto si commenta da solo. Cielo grigio, freddo e vento, valige su e giù per scale mobili, nuovi biglietti della metro, tentativo di ritorno per una notte nella stanza lasciata vuota solo poche ore fa. E lo spettro di un nuovo sciopero che aleggia sulla giornata di domani.

The last good day

Dire cosa siano stati questi mesi a Valencia è un’impresa impossibile. Fra poche ore si decolla, per l'ultima volta, verso casa. In Italia.
E le emozioni si sovrappongono, in uno stato di ansia costante, mentre la notte scivola via. Settimane intense, esperienze e conoscenze, stili di vita, clima di festa costante. Dai primi giorni passati su un divano di quelli che sarebbero poi diventati grandi amici e dispensatori di kalimoxo, fino all’america’s cup, passando per Fallas e viaggio in Andalusia. Gente da ogni angolo del mondo, lingue improbabili, partite notturne di calcio limone, piazze deserte e a volte colme di persone, feste in appartamenti, botteleon, compleanni, fuochi d’artificio e petardi, pedalate e camminate, pioggia e tuffi in mare, musica e sangria, prove tecniche di veganesimo, squatter e un euro per arrivare a fine giornata. Impossibile ricordare tutti i momenti unici, le risate e i pensieri scaturiti da un nuovo modo di concepire il mondo e ciò che ci circonda. E la voglia che un’esperienza simile ti lascia dentro, di conoscere tutto e tutti, di segnare su quella cartina ancora vuota i nomi delle città e delle persone che ti accompagnano lungo il cammino.
Però si possono ricordare i nomi e i volti con i quali si ha condiviso tutto questo: Ale, Paolo, Lorenzo, Giulio. A voi va il mio saluto più caloroso, in attesa della prossima occasione. A presto.

lunedì, maggio 21, 2007

Appunti rovesciati

Sera. La città irremediabilmente italiana, turisti e solo turisti. Tramonto. Luna Rossa in finale. Il pomeriggio al porto e il vento in faccia. Il sole che preannuncia l’estate, all’orizzonte macchie colorate di asciugamani sulla spiaggia. Incontri, Filippo in visita dall’Italia e la leggenda Paul Cayard che passeggia tra le basi degli equipaggi. Gli spagnoli che ci credono, fino in fondo. Mattina. Opaca, sonnolenta, domenica. Notte fonda. Chilometri come tenaglie nelle gambe. Gente per le strade fino all’alba di un nuovo giorno, festa affollata in appartamento, ultimo bottelleon alla playa. Un ambulanza e polizziotti molesti. Bottiglie, sabbia e sangria. Cena di pizza e tortilla. Viaggi metropolitani, un’aeroporto che mi aspetta.

Lo strano desiderio di rivivere al contrario tutto quello che è successo dall’inizio dell’anno, dal primo post di questo blog, dal primo giorno in una nuova splendida città. E semplicemente rallentare tutto, per avere il tempo di capire l’attimo prima che sia trascorso.

sabato, maggio 19, 2007

Un viaggio chiamato amore

Non so perchè oggi sento la necessità di fare il punto delle cose. Di mettermi davanti a una cartina geografica per rendermi conto una volta di più che c’è un mondo, la fuori, da scoprire.
Fermarsi a riflettere mi lascia sempre con un senso di piccolezza nei confronti di quanto mi circonda. Penso di essere fortunato, comunque, di aver visto posti incredibili e conosciuto persone uniche. Di aver fatto esperienze e aver per un attimo sfiorato l’idea di comprenderle.
Penso anche alla ragazza americana in visibilio mentre le parlavo di una nazione antichissima e minuscola costruita in cima a una montagna. Dove sono stato. Che poi è San Marino, e a volte non ci si pensa neppure a quanto sia incredibile questo stato. Guardo questa cartina, mai più a nord di Copenaghen, mai più a sud di Granada. Mai a ovest di Siviglia o a est di Skhiatos. Che è un isoletta greca sperduta dove si gira solo in scooter, perchè di strade non ce ne sono. Guardo le migliaia di chilometri attraverso l’Italia. Con la famiglia, d’estate. Con gli amici, nei weekend. Con la squadra, per andare a correre. O da solo, in macchina, duemila chilometri in quattro giorni. Tra alberghi a quattro tre due una stella, stazioni, anche qualche notte in strada o sulle panchine. Per lavoro, vacanza, divertimento. O forse soltanto per il gusto di viaggiare, per aggiungere un altro passo a questa avventura chiamata vita.

mercoledì, maggio 16, 2007

Connessioni inaspettate

Sono successe tante cose nelle ultime quarantotto ore. Belle, oltretutto. Piccole soddisfazioni, scoperte, progetti che prendono forma, contatti ritrovati.

Per la prima volta un cantante, che passa in questi giorni tra AllMusic e Mtv, ha messo una mia recensione in prima pagina sul suo sito. (http://www.alekama.it) Si chiama Kama, artista in gamba, al quale auguro tanta fortuna per il disco d’esordio. E per me è già un bel traguardo, che la persona della quale scrivo legga cosa ne penso. Se poi è anche contenta, tanto meglio.
Intanto ieri mattina un amico finisce in diretta su Radio Deejay, con Fabio Volo. E spara a tutta Italia una frase secolare. Complimenti davvero. La sera si riunisce la redazione del giornale web dove scrivo. (http://www.nokoss.net) Belle idee, gente attiva, propositiva. E soprattutto cultura, alternativa, a tutto tondo.
Infine sorprese della rete. Giro, cerco, tra video e musica, spunta un’intervista a un vecchio amico, che stimo ma che avevo perso di vista. E che scopro essere candidato al premio nazionale per miglior dj emergente. Anzi, se non vi costa troppo, votatelo. (http://www.trendweb.it/sondaggio.php?id=4) Si chiama Indiano, e vi assicuro che è uno che vale.

Piccole cose. Anche se, chiudendo con una frase degna di stare in un cioccolatino, in fin dei conti sono le cose più semplici ad essere quelle importanti.

martedì, maggio 15, 2007

Seven

Ci sono opere che ti tolgono il fiato. Sparse negli angoli remoti del mondo, orgoglio dell’ingegno umano. Messe in fila su cartoline, riviste, più raramente nei nostri ricordi e pensieri. Ora qualcuno ha deciso che tutto questo dovrà rientrare in una classifica, in una graduatoria, che designerà le sette meraviglie del mondo. Dopo una prima votazione popolare si è arrivati a un elenco di settantasette opere, ridotto da alcuni esperti a ventuno. E ora ognuno può dare il suo voto, per telefono, messaggio, o su internet. Il sette luglio 2007, a Lisbona, la proclamazione delle sette meraviglie. E qui nascono i problemi.
Perchè all’Italia, che vanta il 50% del patrimonio artistico mondiale, è andata male: solo un finalista in gara, il Colosseo. Che tralaltro rischia di non farcela, vuoi per il disinteresse della nazione o per lo strapotere numerico dei votanti indiani e cinesi. Anche se gli americani ci stanno dando una mano, giudicando dai loro commenti grazie al film “Il Gladiatore”. C’è da dire che al primo turno le cose erano andate diversamente: le prime cinque meraviglie votate dalla gente sono state la Grande Muraglia cinese, il tempio Potala a Lhasa (Tibet), il Taj Mahal (India), il Colosseo e le piramidi maya di Chichèn Itzà (Messico). Torre di Pisa settima ma dall’altra parte Basilica di San Pietro sessantunesima, dietro lo stadio olimpico di Monaco e la ruota panoramica di Londra. Appena davanti al canale di Panama. A sua volta davanti al duomo di Milano.
E alla fine gli esperti hanno mescolato epoche, stili, strutture: sono piovute critiche sulle esclusioni celebri, ma i giochi sono fatti. Non ci resta che provare a spingere il nostro timido Colosseo alla conquista di un posto che gli spetta.

Per la cronaca, i finalisti: Acropoli (Atene -Grecia), Alhambra (Granada - Spagna), Tempio di Angkor (Cambogia), Piramidi di Chichèn Itzà (Messico), Statua del Cristo (Rio - Brasile), Colosseo (Roma - Italia), Moai (Isola di Pasqua - Cile), Torre Eiffel (Parigi - Francia), Grande Muraglia (Cina), Basilica di Santa Sofia (Istambul - Turchia), Tempio di Kiyomizu (Kyoto - Giappone), Cremlino (Mosca - Russia), Macchu Picchu (Perù), Castello di Neuschwanstein (Schwangau - Germania), Petra (Giordania), Piramidi (Giza - Egitto), Statua della Libertà (New York - Usa), Stonehenge (Gran Bretagna), Opera House (Sydney - Australia), Taj Mahal (Agra - India), Timbuktu (Mali).

lunedì, maggio 14, 2007

L'auberge espagnole

Ho come l’impressione di un cambiamento nell’aria. Forse gente che va, gente che viene. Perchè sta arrivando chi si farà qua l’estate, per lavorare, stare un po’ al mare, imparare lo spagnolo. In fondo nei prossimi mesi dicono che passeranno di qui qualcosa come sei milioni di turisti. Intanto chi è qui per studiare inizia a completare progetti, preparare esami. Si ha tutti un po’ meno l’intenzione di stare in aula e in biblioteca e un po’ più la necessità di starci.
Fatto sta che venerdì sera festa in spiaggia, ancora freddo nell’aria ma sabbia che scotta. Cinque spagnoli, tre francesi, un’americana, novantotto italiani. Sabato festa in appartamento, qualche tedesco in più ma italiani che spuntano da ogni angolo. Penso sia perchè gli italiani non si tirano mai indietro quando c’è da divertirsi. E non è detto in senso negativo. Si può benissimo studiare, lavorare, imparare, progettare di giorno, senza lasciarsi però assorbire da tutto questo. Senza essere il proprio lavoro, senza tagliare tutto il resto, anche con un esame che incombe. Cosa che uno svedese o un giapponese penso non farà mai. Per via di una mentalità che apprezzo ma non condivido; o meglio, non in assoluto. Non tutta la vita, non in ogni occasione, in ogni istante.

Così il mio appartamento spagnolo (o il mio auberge espagnole, che fa più fascino), la mia vita spagnola, è sempre più bianca rossa verde. Che poi “auberge espagnole” è il titolo di un film che parla di un ragazzo che va in erasmus in Spagna con tutti i luoghi comuni che ne seguono, con la danese che mangia solo biscotti al burro, col tedesco e le lattine di birra, con l’italiano uè uè. E me lo devo vedere. Per dare un tocco internazionale a questa Little Italy.

giovedì, maggio 10, 2007

Fine primo tempo

Fine primo tempo, come si direbbe al cinema. Pausa di riflessione, di relax. Perchè mancano poco più di due settimane al termine di questa avventura valenciana. E il programma migliore è fatto di spiaggia e mare, festa e sangria. Per vivere a pieno queste giornate, fissare nella mente immagini e sensazioni. Ieri è finalmente arrivato mio fratello, e si torna a vedere la città da turista, girando tra i vicoli sotto un sole battente. Si torna a vivere quei primi giorni a Valencia, quando tutto era nuovo, sconosciuto, complicato ma affascinante. Pausa da qualunque programma, pausa dai pensieri che affollano la testa. Con la sola certezza che fra una ventina di giorni si è di nuovo in viaggio, per affrontare una nuova sfida con vecchi amici e nuove conoscenze.

In un certo senso anche Valencia si prende una pausa. Dall’America’s Cup, dalle migliaia di turisti accorsi da ogni angolo del mondo. Fine dei gironi eliminatori. In attesa di due battaglie senza esclusione di colpi per designare i finalisti. New Zealand contro gli spagnoli, Luna Rossa contro gli americani. Mentre tutti gli altri equipaggi salutano, dando appuntamento alla prossima edizione. Splendidi i sudafricani, gli italiani, a sorpresa anche i tedeschi. Simpatici, sportivi, spettacolari, nell’ultima parata all’ingresso del porto. Un attimo di stacco e poi via, tra le onde, più veloci di prima.

martedì, maggio 08, 2007

Come un pomeriggio d'estate

Un pomeriggio in bicicletta e via, fuori dalla città, dalla confusione, alla scoperta di cosa si nasconde laggiù, oltre le periferie malfamate e i palazzi che si fanno altissimi. Traffico, pubblicità e cemento lentamente spariscono per lasciare spazio a pianure spazzate dal vento, macchie d’alberi che non sono tutti in fila come quelli dei giardini, distese coltivate. Ogni tanto un pueblo, un’accozzaglia di case, un piccolo paese.
Tappa obbligata a Alboraia. Così finalmente ho visto un campo di chufa. Forse addirittura una serra. Di questa strana pianta che si coltiva solo qui e dalla quale si estrae una bibita, l’horchata. O orxata in valenciano. Che poi neanche lo so come è fatta una pianta di chufa. Come d’altronde non distinguo farro, miglio, soia... Forse il granturco si, se non sbaglio è quello con le pannocchie. E poi a mia discolpa c’è da dire che non è il periodo migliore per riconoscere le piante, dai campi spunta solo qualche germoglio, un abbozzo di foglia, punti verdi su distese assolate come bottoni su una camicia. Un senso generale di tranquillità che contrasta con la città lontana, con le schiere di macchine rese roventi dal sole, con i disegni della tangenziale sul territorio. E che si sposa invece col mare, placido, all’orizzonte.

E da questa strana realtà esce pure un gruppo di musica elettronica. Orxata Sound System. Che ancora non ho sentito, ma mi ha messo la curiosità addosso. Perchè guardandomi intorno proprio non riesco a immaginare i coltivatori con i loro carretti di chufa e la drum ‘n bass in cuffia.

lunedì, maggio 07, 2007

Dizionario casalingo

Per un giorno ho parlato solo italiano e francese. Rapido incontro con i genitori del conquilino d’oltralpe, due parole con la milanese, giro turistico della città senza aprir bocca. A volte penso che si potrebbe vivere in Spagna anche senza sapere una parola di spagnolo.
Tralasciando il fatto che Valencia è piena di italiani, per essere nell’era della comunicazione abbiamo ben poche cose da dirci. E’ semplice, uscire, acquistare, divertirsi, capire. Andare a fare la spesa. Scaffali ordinati con immagini esplicative, banchi verdure contrassegnati da numeri. Una volta alla cassa rispondere ‘no’ in automatico a una qualsiasi frase della cassiera, che può porgervi solo due domande: se avete una tessera punti o se per caso non avete quei settantatre centesimi per evitare un resto complicato. Poi prendere un autobus, una metro. Con i loro schermi informativi, gli orari e i percorsi stampati chiaramente. Pagare una bolletta, è sempre questione di numeri, carte di credito. Guardare la televisione, leggere un giornale, ascoltare la radio, ora si può fare tranquillamente con un computer, e nella lingua preferita. Si può addirittura scrivere e parlare con gli amici a casa, lontani ma con il nostro stesso patrimonio di parole e modi di dire. E poi esistono tanti lavori nei quali non è richiesta alcuna brillante parlantina. Anzi, se non si parla meglio, si perde meno tempo.

Forse è per questo che tanti stranieri non parlano bene la lingua del paese in cui vivono. Perchè se un italiano vive con la sua famiglia italiana e non ha una grande voglia di parlare con la cassiera, il panettiere, il vigile, il meccanico, non sono certo quest’ultimi che insistono sulla conversazione. Così come accade a un cinese in Italia o a un marocchino in Francia. Fatti, non parole. Fino alle estreme conseguenze.

venerdì, maggio 04, 2007

Scala di grigi

Mare nero, cielo scuro, pioggia fitta, volti nervosi di persone che passeggiano, estate che resta in sala d’attesa. Il mondo disegnato in scala di grigi, città irriconoscibile dopo il caldo dell’ultima settimana. Alberi fioriti che sembrano stingere i loro colori, rami che si piegano verso terra, foglie pesanti per la l’acqua caduta.

Una fotografia di queste ventiquattrore tra le nubi che nascondono Valencia. Fino a un’alba, fredda e limpida, che preannuncia una splendida giornata.


giovedì, maggio 03, 2007

Generazione market

Rimango impressionato dalla quantità di persone che si incontrano in un centro commerciale. Sembra quasi un rito di massa, un luogo d’incontro come una volta erano le piazze e le chiese, un’abitudine irrinunciabile dell’uomo moderno.
Giravo tranquillamente alla ricerca di un dvd, che puntualmente non ho trovato. Perchè solitamente se cerchi un oggetto preciso quello ti sfugge sempre, ma è ugualmente difficile uscire indenni dalla quantità di immagini e promozioni che ti si rovescia addosso. Ovvero, una volta dentro, si finisce sempre per comprare qualcosa. In Spagna c’è una catena di centri commerciali che si chiama El Corte Ingles. Nome che deriva da un negozietto di sartoria dalla quale è nato questo impero, che ora vende veramente tutto e accompagna le esistenze dello spagnolo medio. Piano terra ingombro di libri, cd, film, giornali, riviste. Superamercato alimentare nel sottosuolo. Primo piano di profumeria e articoli per la casa. Tre piani di abbigliamento, giustamente divisi: uomo, donna, bambino. Magari anche un piano di moda giovane. Mobili, arredamento, elettrodomestici, informatica, giardinaggio, ferramenta. Fotografi, ottici, punti assistenza, bar, ristoranti, oggettistica a profusione.
Anche se ciò che mi affascina di più è sempre il reparto sport. Che mostra in tutto il suo splendore i paradossi della vita moderna. Una parete è piena di scarpe studiate per avere le migliori performance correndo a tre minuti il chilometro, quando si corre solo per prendere il bus. Ci sono orologi che reggono la pressione di trecento metri d’acqua, e forse si va una domenica ogni tanto in piscina. Con l’orologio lasciato nello spogliatoio, ben inteso. Nel reparto mare ecco otto modelli di canoa. Vorrei proprio sapere quante canoe vendono al giorno. Poi mazze da golf, quattrocento euro cadauna: motivo in più per non giocare a golf. Macchine da palestra, panche, pesi.
Così uno si può fare la sua corsetta tranquilla sul tapis roulant, senza caldo, senza pioggia, senza vento. Senza poter conoscere mai la sensazione che si prova correndo dieci chilometri sotto l’acqua o bruciati dal sole.