venerdì, dicembre 28, 2007

Stakanovismi

L’idea che mi frulla per la testa è questa. Oggi mi hanno comunicato i turni per la prossima settimana e se non sbaglio dovremmo essere negli ultimi giorni del duemilasette. Anzi, ne sono quasi certo. E mi hanno anche detto che si usa festeggiare, non si sa bene se per l’anno che se ne va o quello che arriva. Comunque il piano d’azione è questo: arrivo in ufficio alle quindici del trentuno dicembre, resto fino alle ventitre. Festino fino all’alba, sei e mezza sette. Caffè e doccia gelata. Autobus festivo, vuoto immagino. Lavoro dalle dieci alle diciotto. Un after hour come si deve, con tanto di fame chimica e palpebra calante.

D’altronde mi sembra l’unica soluzione, non bisogna mai farsi condizionare troppo dagli impegni. Un po’ come faceva Stakanov, che se ne stava giorni e giorni nella sua bella miniera di carbone e non era mai stanco. Specializzatissimo, svolgeva da solo tutta l’opera di precisione e lasciava i trasporti pesanti ai colleghi, con un aumento della produttività di quattordici volte. Tutto bene, fino a quando l’Unione Sovietica non iniziò a chiedere a tutti di fare come lui.
Grazie Stakanov, se lavoriamo anche a capodanno e anche un po’ merito tuo.

mercoledì, dicembre 26, 2007

Segnali di fumo

Devo essere sincero e dire che il mondo dei blog mi affascina. Il termine nasce dalla contrazione di web-log, “traccia su rete”, che non rende a pieno la dimensione che questo fenomeno ha ormai raggiunto. Trionfo della liberta’ di comunicazione, immediatezza, condivisione e confronto. L’aspetto che pero’ mi inquieta maggiormente e’ la capacita’ dei blog di guidare la coscienza collettiva. Perche’ molti non cercano piu’ risposte nella grande rete, ma nelle esperienze personali. E nei commenti dei blog.
Anche se i sentieri che portano alle informazioni sono tortuosi e pieni di insidie. Vedo che chi arriva in questo mio piccolo spazio molte volte cerca tutt’altro. Un negozio che vende biciclette usate a Valencia, dove si trova la piramide di Giza, addirittura quali sono le regole per la battuta nel ping pong. Giusto per rispondervi in fretta, biciclette in Ruzafa, la piramide uscendo dal Cairo sempre dritto dopo la sfinge a destra, lanciare la pallina verticalmente e senza effetto per almeno sedici centimetri prima di servire. Qualcuno ha addirittura visualizzato queste pagine cercando un rivenditore di home theatre, un film di Hitchcock, la storia del gaspacho. Il record lo stabilisce “gruppo norvegese cantante rossa di capelli video con levitazione”.
Ogni navigazione diventa cosi’ un'esperienza inaspettata, un momento di smarrimento tra migliaia di diramazioni. Come trovarsi al bivio dell'autostrada con centinaia di cartelli tra i quali scegliere e il tir che incombe alle spalle. Una disperata ricerca che non porta mai il risultato previsto.

martedì, dicembre 25, 2007

Interruzione di pubblico servizio

Si potrebbe pensare che il giorno di Natale non lavori nessuno. Non e’ cosi’. Almeno io, ingenuamente, ci ho sempre creduto. E segretamente sperato, di non ritrovarmi mai in un ufficio il pomeriggio del venticinque. Ora mi guardo in giro e vedo il solito vecchio pc, il telefono, le statistiche e il bicchiere di spumante. Piccole differenze, certo, dalla routine. E una certa solidarieta’ che si instaura tra tutte le persone che si trovano nella mia stessa situazione.
Poi ho scoperto un’altra novita’. Che quasi cinque milioni di persone fanno il pranzo di Natale al ristorante. Mentre mi immaginavo suocere mamme nonne e nuore attorno ai fornelli tutta la mattina. Il che significa che in Italia restano aperti 52.000 ristoranti, e li di persone che lavorano ce ne sono veramente tante. E poi treni, ospedali, tecnici. Hotel e piste da sci, camerieri e animatori.
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Rimane pero’ una consolazione per tutti quelli che in queste ore si trovano davanti al computer: possono gustarsi su internet gli auguri di buone feste di una grande celebrita’. Vi assicuro, la prima volta della regina Elisabetta su YouTube e’ uno spettacolo da non perdere.

venerdì, dicembre 21, 2007

Tutta mia la città

Succede che Bologna si svuota. Piccole valigie colorate corrono per le strade. Il colpo d’occhio dal cavalcavia della stazione racconta di sciarpe e piumini che fanno a gara lungo i binari; In lontananza treni che vanno e vengono col loro carico di familiari e panettoni.
E’ venerdi’ e per molti e’ gia’ vacanza. Anche il mio edicolante di fiducia, che in realta’ e’ il pakistano al semaforo che distribuisce Metro, mi ha annunciato che sta partendo per le ferie. Chiudono le redazioni dei quotidiani gratuti, si svuota la biblioteca che per la prima volta ha decine di computer liberi per la navigazione. Si affollano i supermercati, gli autobus, la pista da pattinaggio un po’ kitsch all’inizio di via indipendenza. Tra le casette di legno della regione Trentino si addensano i curiosi: un banchetto di prodotti artigianali, una bancarella di legno intagliato, anche un chiosco di specialita’ calabresi, giusto per essere political correct.
Tutti se ne vanno, tornano a casa, perche’ Bologna e’ soprattutto luogo di passaggio, nessuno ci abita realmente. Io pero’ quest’anno resto qui. Questioni d’affari. Si, insomma, lavoro. Una scappata a casa, quella vera, appena sara’ possibile. Qualche visita, spero, da amici parenti e sconosciuti. Tanto nell’appartamento non c’e’ nessuno. Come in tutta la città.

mercoledì, dicembre 19, 2007

Pensieri nascosti

Ho in testa un’idea così grande che non riesco a visualizzarla. O forse più semplicemente ho lasciato scappare tutti i pensieri. In definitiva oggi dalla mia mente non esce nulla.

Sono bastati due giorni lontano dal lavoro, dagli orari: un viaggetto in treno verso Ancona con tanto di incontro con americano ubriaco e rimpatriata con compagni di viaggio. Il cervello si è disconnesso dalla routine e ha iniziato a rimuginare. Progetti, confini, frontiere. Voglia di inventare tutto dal principio, di percorrere nuove strade. Pensieri che nella quotidianità vengono sommersi da tutto ciò che è necessario ma mai indispensabile: affitto, lavoro, quattro euro per una margherita, i piatti da lavare, la scrivania sommersa di volantini, la bolletta dell’enel, il design svedese delle lampade.

Nella confusione mi sembra di scorgere infiniti punti di uno stesso disegno che non riesco a definire, linee tracciate dall’uno al trentuno sull’inserto della settimana enigmistica. E’ come vedere i frammenti di un quadro che ci sembra conosciuto per le tonalità, i tratti, i colori. Ma del quale non riusciamo più a ricordare la trama. E’ in un giorno come questo che ogni piccola azione rivela la pulsione segreta verso l’altro, lo sconosciuto, il nascosto.

Ascolto la colonna sonora di Amelie, cucino crema catalana (tralaltro fallita per la seconda volta), mi sparo Neverland in prima serata. Pensando a quanto mi aspetta nel futuro lontano, senza preoccupazioni per il cartellino da timbrare domattina alle dieci.

domenica, dicembre 16, 2007

Lenzuola bianche sotto la neve

Ti svegli una domenica mattina e trovi fiocchi di neve che scendono leggeri, piano piano, proprio sulle lenzuola lavate e stese il giorno prima. L’aria gelida, il cielo livido, e una spolverata di bianco a chiazze sui tetti delle case. Ma i panni stesi fuori dal balcone si scoprono miracolosamente asciutti quando si soffia via un centimetro di cristalli di ghiaccio. Certo, asciutti. Ma ad una temperatura che oscilla intorno ai zero gradi, se non ricordo male.
La città è ferma, non tanto per la neve quanto per la mattina di festa che già preannuncia il Natale. Oggi pomeriggio i negozi saranno intasati, le vie piene di luci, i banchetti di caramelle e castagne tirati a lucido. Alle dieci del mattino, girando per le vie senza metà, si scopre invece l’altra popolazione. Quella che fa sembrare Bologna una città di frontiera, punto di incontro di carovane e culture.
In piazza c’è il mercato straordinario, tutte le domeniche questo mese. Cinesi e pakistani a perdita d’occhio. A quanto pare per i commercianti bolognesi il rituale del pranzo festivo a base di tortellini è irrinunciabile, e il freddo polare ha certo dato una mano. Vicino all’autostazione c’è un pulmino che scarica pacchi e lettere. E’ il corriere rumeno, l’uomo che una volta alla settimana fa Bucarest andata e ritorno e tiene i contatti con le famiglie lontane. Padri e madri che lavorano in Italia spediscono alle famiglie in Romania soldi, abiti, giocattoli, e ne hanno indietro foto, messaggi, a volte pure qualche visita. Al semaforo di fronte un omino distribuisce con poco successo volantini del Circo di Mosca (italianissimo il circo, non l’omino).
A volte è proprio quando la città dorme che si può scoprirne gli aspetti più interessanti.

venerdì, dicembre 14, 2007

Principio di relativita'

Come la cronaca influisce sulla vita privata. Sciopero degli autotrasportatori, traffico paralizzato, tutti a piedi nelle citta' ecologiche per paura di restare senza benzina. Mi raccontano anche di scene di panico nei supermercati, vecchietti che svuotano gli scaffali e riempiono i carrelli, scorte da crisi cubana e crisi atomica. In mezzo a tutta questa frenesia non mi sono accorto di nulla. Si, forse c'erano meno posti liberi sull'autobus. Forse anche meno pasta nel piatto della mensa. Ma niente che non potesse essere spiegato con uno speciale di Bruno Vespa sul consumismo della vita moderna. Abbiamo tutti paura di essere presi alla sprovvista, alla faccia dell'istinto di sopravvivenza che ci porta avanti da qualche milione di anni.

Come la cronaca influisce sulla vita privata. Ieri mattina alle undici i funerali degli operai della Tyssen Krupp presso il duomo di Torino. Tutti i luoghi di lavoro in Italia osservano un minuto di silenzio. Doveroso, sicuramente. Ma provate voi a stare al telefono con qualcuno e seguire le linee guidee aziendali: "Signor (cognome del Cliente), se non le dispiace desidero osservare un minuto di silenzio nazionale in occasione del funerale delle vittime delle acciaiere di Torino. Fra un minuto saro' nuovamente a sua disposizione. (Rimanere in silenzio, possibilmente senza mettere il cliente in attesa). Se il cliente non accetta di essere messo in attesa, ringraziarlo ed invitarlo a contattarci piu' tardi".

mercoledì, dicembre 12, 2007

Corri, Forrest!

Notiziario straordinario. Sono trascorse solo poche ore da quando ho scritto contro un sistema di autobus e controlli che non mi convice per niente, e subito l’azienda di trasporti bolognese ha reagito con rabbia.

Luogo dello scontro il 27b, quello che a mezzanotte e un quarto scivola lungo via indipendenza per riportare a casa i giovanotti con la testa sulle spalle che pensano già alla giornata ricca di impegni che li attende il mattino seguente. Tre controllori, armati di blocchetto delle multe, salgono con arroganza sul mezzo. Niente giacche blu, solo tesserino di riconoscimento plastificato e volto inespressivo. E’ un colpo basso, sono consapevoli del fatto che a quell’orario è pressochè impossibile che qualcuno abbia fatto il biglietto. L’intero autobus è messo sotto sequestro, i pochi passeggeri si preparano a fornire documenti, la corsa continua. Qualcuno restio rifiuta di consegnarsi al nemico. Non è permesso scendere, a nessuno. Spiego le mie ragioni, non ottengo risposta, minacciano di chiamare le forze dell’ordine. Tutti i malcapitati si stringono in un cerchio di solidarietà, si da la colpa alle macchinette che non funzionano. Nessun risultato.

Intanto l’autista continua il suo lavoro, raggiunge una fermata, apre la porta in fondo per permettere alle persone di salire. Basta un attimo di distrazione del controllore e con uno scatto fulmineo percorro i pochi metri che mi separano dalla libertà.

Un attimo prima che la porta si richiuda salto gli scalini e mi perdo correndo nella notte.

martedì, dicembre 11, 2007

Full metal jacket

Eliminate le giacche a vento blu. Quelle di finto tessuto traslucido, impermeabili, con i bordini argentati. Perchè non si può viaggiare tranquilli in autobus senza biglietto senza trasalire ogni volta che sale qualcuno con la giacca blu. Troppo simile a quella dei controllori, organizzati come una squadriglia da combattimento, pronti a colpire chi si sposta frettoloso da una parte all’altra e deve pure pagare. Che poi sarebbe anche giusto comprare il biglietto. E non vale neppure la scusa di dover perdere tempo a cercare una rivendita, visto che ogni autobus ha la sua bella macchinetta automatica a bordo. Un euro all’andata, un euro al ritorno. Per un biglietto che vale settantacinque minuti e userai si e no per dieci. Ma se devi andare al lavoro tutti i giorni, schiacciato tra due ali di folla, sempre in anticipo per timore di perdere la coincidenza, il prezzo non vale più il servizio. E’ per questo che ho deciso per l’autoriduzione del costo del biglietto.
Adesso ogni viaggio è più equo, rilassato, solidale. Venticinque centesimi, una monetina gialla con la statua di Boccioni e una color rame con il colosseo. L’inconveniente è che in questo modo compro un biglietto su quattro. E la società di trasporti non è d’accordo con questa mia filosofia aziendale. Perciò mi faccio un viaggio tranquillo e poi tre di assoluta insicurezza, dissimulata sotto un’aspetto rilassato e disinteressato. Anche se una palpebra si scuote ogni volta che in lontananza scorge una giacca blu salire la scaletta dell’autobus.

sabato, dicembre 01, 2007

Foglie gelate findus

Al mattino le foglie sono congelate. Bianche e intirizzite tra fili d'erba che si raggomitolano nel vano tentativo di scaldarsi l'un l'altro. Solo fuori citta' pero'. Tra quelle terre di nessuno macchiate qua e la da zone industriali e colorate magliette da jogging. In centro invece le foglie non hanno freddo.
Colpa dello smog, dei palazzi alti, del silenzio della notte che non esiste. O del fatto che le foglie non ci sono. Sinceramente non lo so. Non ci ho mai fatto caso.

Restando in tema di vegetali, in ufficio ho trovato questo: "Le piante favoriscono la depurazione e l'umidificazione naturale dell'aria. La tillandsia per esempio si nutre di radiazioni fisiche quindi e' utile se viene collocata accanto al computer, la dracena assorbe i vapori delle stampanti mentre la palmetta neutralizza la formaldeide". Bella idea.

Anche se ancora sulla mia scrivania il verde scarseggia.

martedì, novembre 27, 2007

Alibi

Devo fuggire in qualche posto lontano. Potrebbero trovarmi. Sono già sulle mie tracce. Hanno indirizzo, cellulare, codice fiscale. Mi sento marchiato per qualche reato grave, per sempre. Eppure non ho fatto nulla di male. Sono pieno di giustificazioni da sfoderare al momento opportuno. Ero al lavoro, non ho avuto tempo, sono stato trattenuto, ho un alibi per quel giorno.
La grande mancanza della quale mi sono macchiato è non avere restituito un libro in biblioteca nei termini previsti. Quattro giorni di ritardo. Certo ci sono reati più spregevoli al mondo, anche se non la pensano allo stesso modo coloro che gestiscono questa libera circolazione della cultura che è il prestito dei libri. A nulla è valsa la fedina penale immacolata, i motivati interessi di studio, la giuria compiacente e l’arringa finale nel nome di un sistema più elastico. Sono stato sospeso per un mese. Mi è stato anche indicato il passo del regolamento che sostiene una pena commisurata al ritardo e comunque mai inferiore a un mese. Giusto nel periodo in cui devo cercare i libri per la tesi.

Intanto la mia casa raggiunge il nuovo record d’inquilini: undici. Cinque abitanti, un ospite a tempo indeterminato, un altro quasi stabilizzato, due temporanei, un cane residente e uno in visita.Cosa succederà nei prossimi giorni non ci è dato saperlo.

giovedì, novembre 22, 2007

Libera competizione

Può sembrare strano che questo mese abbia scritto solo quattro messaggi. La valida spiegazione è che internet ancora non è arrivato. Dopo la battaglia di offerte degli operatori vinta da Fastweb, tutto è entrato in un allarmante e silenzioso stato di immobilità. Cinque settimane per portarci un modem e attivare la linea mi sembrano un’esagerazione senza giustificazioni. Va detto che l’offerta comprende tre mesi iniziali gratuiti: bene, uno è già passato. E la soluzione non è vicina come potrebbe sembrare. Alla faccia di tutela del consumatore, liberalizzazioni, decreto Bersani e via discorrendo. Passa sempre un mese quando si cambia abbonamento o si trasferisce un numero di cellulare a un altro operatore. Tutti avvisati, i signori delle telecomunicazioni hano stabilito che non si possono gestire più di settemila passaggi al giorno. Un numero ridicolo se si pensa ai settanta milioni di schede attive in Italia; chi ha programmato qualche novità per le vacanze natalizie dovrà mettersi in coda e pazientare parecchio.

Tra pochi giorni partono anche le promozioni per i cellulari: ieri mattina ho assistito alla segretissima presentazione del progetto. Per poi scoprire che anche i diretti avversari avranno uguali tariffe, costi, bonus. Precisi al centesimo. E poi la chiamano libera competizione.

mercoledì, novembre 14, 2007

Viaggio ai confini del divano

La domenica in tv c’è un programma che molti dovrebbero vedere. Non tanto per lo stile da avanspettacolo che lo caratterizza, ma piuttosto per il messaggio che trasmette. “Sofa SoGood”, tre del pomeriggio, AllMusic. Due matti che girano il mondo e lo raccontano a modo loro, in equilibrio tra irriverenza e provocazione. Interviste al limite dello scandalo e una sana voglia di raccontare il tutto con occhi diversi.
Quello che mi fa veramente piacere è vedere finalmente un programma che si interessa alla grande rete di Couchsurfing (www.couchsurfing.com). Un sito che raccoglie tutti coloro che nel mondo sono predisposti a incontrare gente nuova, altre culture, a viaggiare per vivere realmente la realtà che ci circonda. Ogni iscritto offre il proprio divano a chi cerca ospitalità, crea un profilo e può essere ospitato in tutto il mondo. Può anche solo offrirsi per prendere un caffè con i viaggiatori o mostrare loro la propria città. Una volta in Spagna, Groenlandia, Nuova Zelanda può contattare chi ha un divano libero. Viaggiare a costo zero e incontrare chi vive nel paese che si sta visitando. Ogni città organizza poi incontri, feste, aperitivi.
Una comunità in continua espansione che parla decine di lingue, cucina sushi e kebab, spaghetti e paella. Un’opportunità per chi desidera fare della propria casa il centro del mondo. O per chi vuole saltare da un divano all’altro in giro per il mondo.

venerdì, novembre 09, 2007

Norma di sicurezza

Certi giorni sento il bisogno di affermare la mia identità. Indossare una felpa al contrario, salire in piedi su un tavolo, ballare per strada. Staccare per un momento da ciò che è ordinato e preimpostato. Una sensazione che si amplifica in queste giornate lavorative. Perchè tutto intorno a me è così preciso, segreto, militarizzato. In nome della privacy e della tutela dei dati personali.
Può sembrare cosa da poco, ma l’accesso totale alla scheda del cellullare di uno sconosciuto può rivelare molte cose. Forse troppe. Ecco che allora entrare in ufficio è come entrare in un carcere di massima sicurezza: telecamere, documenti di identificazione. Ogni porta si apre solo con tessera magnetica che visualizza sul display nome e cognome. Ogni computer è personale e tutte le operazioni vengono tracciate. Ogni persona ha abilitazioni differenti in base a una severa gerarchia. Ogni pagina è cifrata. Non si sa bene dove si trovi il reparto anti frodi e chi vi lavori.
Uno scenario degno del migliore film di spionaggio. O forse di una commedia, quando il cliente chiama e lascia con noncuranza numero di carta di credito e codice segreto.

mercoledì, novembre 07, 2007

Palla al centro

Da oggi ho ventotto milioni di clienti. Punti vendita, centri assistenza, rivenditori. Calciatori come testimonial e il marchio sulla Ferrari campione del mondo. Certo, non è tutto mio. Anzi, per essere onesti di mio non c’è proprio niente. Ma quando accendo il computer so di dover aspettare parecchio prima che il sistema carichi ventotto quasi ventinove milioni di contatti. Si, potrei anche semplicemente dire che ho iniziato a lavorare, ma non farebbe lo stesso effetto. Non dirò per quale grande azienda, anche se in fondo si è capito. Una qualche multinazionale delle comunicazione, settore assistenza clienti.
Ed ecco un mondo sconosciuto che si apre. Segreti meccanismi e strategie commerciali, marketing e nuove tecnologie. Due settimane di formazione per poter essere in grado di muovere i primi passi. E capire presto come funziona questo circolo vizioso di corsi e agenzie interinali.

Esistono fondi creati dalle pubbliche amministrazioni per finanziare la formazione e la specializzazione di futuri lavoratori. Insomma, lo stato paga un’azienda per insegnare il mestiere a qualche giovane disoccupato. L’azienda al termine del corso assume i lavoratori con contratto a termine, un mese, due settimane, non si sa bene quanto per coprire una sua necessità. Al prossimo giro assumerà gli stessi giovani, già formati ed esperti. E invece no. Perchè altrimenti non incasserebbe il contributo statale. Quindi spazio ad altri nullafacenti senza esperienza. Guadagna l’azienda che assume e licenzia quando vuole, guadagna l’agenzia che fa da tramite tra domanda e offerta. E il lavoratore si ributta nella mischia.

lunedì, ottobre 29, 2007

Occhi di straniero

Un altro giorno scorre placido qui a Chinatown. Si, perchè quello che forse non ho detto è che abito nel quartiere cinese. Il che non stupisce: ormai ogni città ha il suo, di conseguenza anche Bologna si è adeguata. Regime di monopolio, negozi colonizzati, carichi scarichi e marciapiedi ingombri, tecnologia. Gente tranquilla, volti ogni giorno diversi o forse tutti uguali. Perchè la nostra scarsa abitudine alla fisionomia orientale non aiuta a distinguere, e sotto sotto nessuno sa bene in quanti vivano qui. Il primo fatto che colpisce è l’attaccamento al lavoro. Si capisce subito. Il misterioso negozio di stoffe senza clienti non chiude mai, sette giorni la settimana per quattordici ore. Internet point disponibile fino a tardi, con tanto di ritrovo della gioventù cinese per giochi di ruolo on line.
Il secondo momento che desta un certo interesse è la rituale partita del weekend a basket. Avrò la testa piena di preconcetti ma non ho mai collegato un orientale a una palla di pallacanestro. Perchè sono tutti piccoli, tutti uguali, tranne uno gigantesco di nome Yao Ming che gioca pure nel campionato americano. Invece sembra una grande passione. Perlomeno per chi vive in questo quartiere e si sfida con inaspettato agonismo.
Sono contento. Riesco di nuovo a vedere una città con gli occhi di uno straniero. Niente di scontato, di già visto.

sabato, ottobre 27, 2007

Star system

Tutte le strade portano a Roma. Sarà per questo che una volta entrati in città non si riesce più a uscirne. Specialmente se si presta più attenzione a vicoli e quartieri che alla via che si sta percorrendo. La mattina alla Festa del Cinema si respira un’aria da grande evento. Il tappeto rosso, le migliaia di curiosi, le troupe televisive. Ci sono le radio che trasmettono in diretta e ti fanno vivere la magia dello studio, le persone accalcate per scorgere gli attori hollywoodiani, ristoranti con cuochi internazionali affianco al bar dell’autogrill. In concreto il festival si risolve in proiezioni continue e presentazioni di film per pochi invitati; tutti gli altri girano smarriti tra gli stand pervasi da un misterioso senso d’attesa. Per qualcosa d’indefinito, non ben chiarito. Una sensazione, un desiderio represso d’appartenza a questo star system.
La sera grande musical con Giulietta e Romeo, emozioni e spettacolo, un’ulteriore prova di quanti artisti validissimi e completamente sconosciuti affollino le scene. La notte si conclude con la caccia all’ostello tra le mille viuzze della metropoli deserta, voglia di viaggiare e di scoprire quanto può essere grande la città.

lunedì, ottobre 22, 2007

Fenomenologia canina

Eccomi qui. Mi guardo attorno, camera nuova, cuscini indiani, specchio, armadio, scrivania, addirittura un divano. E’ già una settimana che sono nel nuovo appartamento bolognese. Ancora senza connessione internet, confinato ai margini del mondo, lontano da blog, informazioni, contatti. Ma nel compenso la nuova sistemazione non ha deluso le attese: gente simpatica, ambiente interessante. Ancora rimane il dubbio su quante siano le persone che effettivamente vivono qui. Io ne ho contate sette. Anche se uno si tratta sicuramente di un ospite, con tanto di cane appresso. Sabato sera altri due ospiti in casa, altri due cani. Sembra la consuetudine; uomo trova uomo e cane trova cane. Un binomio uomo natura stupendo, se si escludono i primi momenti di tensione per chi come me non ha animali in casa e si sente tra i due fuochi di una lotta territoriale.
Inizio settimana a caccia di lavoro, esami che stanno per arrivare, freddo fuori controllo. Giro con blocco e penna in tasca, decine di numeri e indirizzi, impressioni dei momenti che vivo. Voglio iniziare a scrivere tutto quello che mi sta attorno. Domani vado a Roma per perdermi tra festival del cinema e il tanto atteso musical di Giulietta e Romeo; carta e penna alla mano, beninteso.

giovedì, ottobre 11, 2007

Edizione straordinaria

Immagina una giornata ad Alessandria. Città sconosciuta che mi accoglie come meglio non potrebbe, con una festa del cioccolato per le vie del corso. Il pretesto di questo piccolo viaggio è “Ring!”, festival di critica cinematografica, che vede frontaggiarsi i migliori esponenti del settore in accattivanti dibattiti nello stile delle riprese pugilistiche. Non per niente il miglior interlocutore si aggiudica il Guantone d’oro. Ma in serata c’è molto di più: la proclamazione del vincitore del prestigioso premio “Adelio Ferrero”, giunto alla ventisettesima edizione e rivolto agli emergenti critici cinematografici. E primo fra tutti quest’anno c’è il caro amico Matteo, con la recensione del film “L’aria salata” di Angelini. I miei sinceri complimenti.

Ready to go

Dieci giorni che non so come riempire. Una casa che slitta, complicazioni, l’idea di un viaggio, forse. Roma, Parigi, New York. La convinzione che ci sono tante cose da sistemare, e subito. Ma anche la certezza che se non si prova adesso poi non ci sarà più la convinzione per farlo.
Basta, ho mollato la camera che ormai era sicura, dovevo incontrare il padrone oggi, portare l’acconto, firmare le carte. Un contratto nuovo nuovo per quattro anni, il che significa sei mesi di preavviso prima di poter andar via: un’enormità di tempo per chi già pensa dove poter sfuggire con l’arrivo della primavera e una laurea messa nel cassetto.
E allora via, altro giro di annunci, di telefonate, di visite. E finalmente una nuova casa. Bella gente, un greco che fa un dottorato in archeologia, una ragazza che studia teatro, un antropologo, forse un cane anche se non l’ho ancora capito. Un paio di giorni e si va.

giovedì, ottobre 04, 2007

Quattro ottobre

Oggi è il quattro ottobre. Il giorno in cui si celebra San Francesco. Patrono d’Italia, fondatore dell’ordine mendicante che poi da lui prese il nome, iniziatore della tradizione letteraria italiana con il Cantico delle creature. La sua città d’origine, Assisi, è diventata un simbolo di pace, soprattutto dopo aver ospitato i due grandi incontri tra gli esponenti delle maggiori religioni del mondo, promossi da Giovanni Paolo II nel 1986 e nel 2002. Da quarantasei anni vi si svolge la famosa marcia della pace. La città è gemellata nientemeno che con Betlemme e Santiago de Compostela. E il suo patrono è ovviamente... san Rufino.

Ma ciò che mi stupisce maggiormente è che, mentre in tutta Italia oggi è il giorno di San Francesco, a Bologna no. Domani. Celebrazione spostata perchè il quattro ottobre è anche san Petronio, patrono della città. A me sembra un giorno come gli altri: eppure nella storia è uno di quei giorni che catalizza le attenzioni. Il Messico e il Portogallo diventano repubbliche (1824 e 1910), nasce il Belgio (1830), primo satellite nello spazio (Sputnik, 1957), introduzione del calendario gregoriano (1582).
Chissà, forse ogni istante nella storia è così pieno di avvenimenti. Resta il fatto che oggi Bologna non studia e non lavora, e il tempo sembra scorrere un po’ più lentamente.

mercoledì, ottobre 03, 2007

Partenze intelligenti

Ci sono momenti nei quali tutto si concentra. Giorni, luoghi, istanti, nei quali migliaia di persone decidono di fare contemporaneamente la stessa cosa. Andare in vacanza. Chiamare un call center. Pagare un bollettino postale. Come quando si lavora in un’agenzia di scommesse sportive e nel giorno della champions league arrivano cento persone uno dopo l’altra a piazzare una giocata. Alle otto di sera, quando dopo sette ore di gesti ripetitivi e meccanici a rigor di logica avresti pensato di essere già seduto a tavola per la cena. E invece ti tocca raggiungere il massimo della frenesia, tra le lamentele di chi aspetta in coda. Sindrome da ultimo minuto, portare a termine un progetto il più tardi possibile. Se non sbaglio una volta si diceva “chi ha tempo non aspetti tempo”, ma forse la saggezza popolare è andata perduta.

La mia partenza intelligente, rivelatosi disastrosa, è stata quella di scegliere di comprare un paio di biglietti su internet dopo cena. Momento di picco massimo di affluenza utenti. Su questo sito, TicketOne, che agisce in regime di monopolio nel mercato virtuale. Ovvero, o compri da loro o rimani senza. Fatto sta che dopo aver inserito tutti i dati vengo parcheggiato in una sala d’attesa, col mio numerino, come dal salumiere. Ho davanti settecentoquarantadue persone. E la pagina che dovrebbe aggiornarsi in automatico rimane ferma, disegnata. Provo a visualizzare, nella mia mente, una coda di quasi mille persone alla cassa di un supermercato.
Penso che ripasserò domani.

venerdì, settembre 28, 2007

Cento passi

Forse ho trovato casa. Se così fosse in ventiquattro mesi mi sarei spostato di cento metri. Due anni fa abitavo da un lato del ponte, immenso, che sovrasta quel fiume di binari che sfocia dalla stazione centrale di Bologna. Ora potrei finire dalla parte opposta, cento passi più vicino al pulsante centro storico della città. Quarto piano, vista invidiabile su un incrocio di sette strade risolto in un elegante gioco di semafori e rotatorie, cinque minuti dalla via delle università. Tralaltro appartamento totalmente vuoto, cinque persone che se ne vanno contemporaneamente a metà mese. Lasciando una casa che rinasce in piena democrazia, dove nessun inquilino può vantare diritti sugli altri, tutti ultimi arrivati.

Una città che si riscopre malinconica in una giornata di pioggia, quando tutto nell’aria umida sembra scorrere lentamente. Lunghe camminate lungo i viali, ombrelli colorati, un paio di conversazioni in spagnolo a distanza di mesi con ragazzi di Madrid. Uniche scosse della mattinata un esame di storia del cinema affrontato con spavalderia da studente consumato e grandinata improvvisa che cristallizza per qualche minuto la fretta di chi passeggia per strada. E che permette di scoprire passo passo percorsi tra le infinite file di portici, vicoli e quartieri.

lunedì, settembre 24, 2007

Il mondo è piccolo

Il mondo è piccolo. Perchè un giorno puoi passeggiare per Bologna e incontrare un ragazzo di Macerata che studia a Venezia e che avevi conosciuto a Valencia. Cinque minuti dopo aver accompagnato una ragazza straniera che ti ha chiesto di aiutarla a trovare un ufficio e che casualmente proviene dall’unica città estera dove hai vissuto cinque mesi. Puoi anche tornare in luoghi che non vedevi da un anno e riscoprire tutte quelle semplici azioni che ti fanno sentire così cittadino. Camminare con noncuranza, attraversare col rosso, evitare chi dorme per terra, correre guardando l’orologio. Puoi girarti attorno e accorgerti di essere solo un puntino tra migliaia di persone. Un puntino che per l’ennesima volta, disperato, si lancia alla ricerca di una casa. Muovendosi come un segnale gps sulla cartina di Bologna.

Perchè, grande novità di questo inizio anno, la città si è digitalizzata. Ovvero qualcuno ha ben pensato di togliere tutti gli annunci d’affitto appesi nelle vie universitarie, in nome di una nuova politica di lotta al degrado. Ed ora internet rimane l’unica risorsa per trovare una camera libera.

venerdì, settembre 21, 2007

Quelli che ben pensano

Canzone ossessione di quest’ultimo periodo. Quelli che ben pensano, 1997, Frankie hi nrg mc. Forse perchè ho tanto da riflettere in questi giorni. Ho un mondo da progettare, pensieri da sostenere con una convinzione che cresce piano piano. E avrei cento interventi da scrivere su questo blog per cancellare il silenzio degli ultimi tre mesi. Cento giorni frenetici, conoscenze, attività, idee, emozioni, novità, sensazioni. Un lavoro affascinante, che provo a riassumere in una semplice fotografia. Uno scatto che probabilmente lascia intendere poco a chi non l’ha vissuto, ma che ugualmente parla di luce, suoni, colori.
Intanto sono di nuovo a casa. Tornato in silenzio mentre la cittadina è piena di persone, movimento e frastuono per l’inizio di Miss Italia. Il che fa sembrare Salsomaggiore una piccola metropoli, un centro della dolce vita dove modelle striminzite sfilano su tappeti rossi inseguite da stormi di paparazzi. Il posto dove tutti in questi giorni vorrebbero essere, tranne forse le persone che ci abitano.

venerdì, giugno 01, 2007

Restart 2.0

Questa sera riparto. Destinazione calabria, tre mesi e mezzo all’opera in un villaggio turistico. Si ricomincia a costruire, immaginare, realizzare. Con l’impazienza di affrontare nuove sfide e scrollarsi di dosso questa settimana di relax.
Un ultimo sguardo a Valencia, questa volta in televisione, visto che oggi inizia la battaglia che deciderà lo sfidante di Alinghi per l’America’s Cup. Italiani contro neozelandesi che si muovono tra quei luoghi che negli ultimi mesi sono stati come una casa per me. Poche ore e via, riparto non più all’avventura con uno zainetto in spalla, ma con un set di valigie piene di non so cosa, probabilmente oggetti e abiti inutili insaccati nell’ansia di dimenticare qualcosa.

Oggi cambia anche il nome del blog. Di questo spazio che non voglio lasciar perdere perchè ormai è diventato un consueto momento di riflessione, di ricordo, d’immaginazione. Perchè come diceva qualcuno molto più acculturato di me: “la parola è in sè un atto di fondazione e le cose esistono a forza di essere nominate”. E’ importante lasciare traccia di sè, ripercorrere talvolta tutto ciò che si ha attraversato. Anche soltanto con i semplici interventi di un blog.

lunedì, maggio 28, 2007

Forse no

Che strana storia. Tra quattro ore devo essere in piedi, allegro e pimpante, farmi centotrenta chilometri in treno, più venti minuti di corsetta perchè ovviamente il ‘regionale veloce’ non sarà così rapido. Presentarmi alle otto all’università, sostenere un esame scritto su seicento anni di letteratura. Che avrei potuto studiare solo con riassunti a appunti senza aver mai sfogliato una pagina dei trenta libri che ho in bibliografia. Che poi se va male tanti saluti e ci si rivede a settembre. Se non si fosse capito è un sistema che non mi piace molto. Sarà che sono diventato insofferente a queste mezze misure, al pressapochismo.

In questi giorni ho rivisto e ritrovato, oggetti, persone, situazioni che avevo messo in disparte in quest’ultimo periodo. Momenti che apprezzo e altri che disprezzo. Ho rivisto le risse in discoteche, gente che balla tra le bodyguard, ragazze scostanti. Mi mancavano? Forse no. Ho parlato con menti inquadrate, persone che criticano per il gusto di farlo. E’ stato un piacere? Forse no. Per fortuna ho anche incontrato amici che non vedevo da tanto, ma con i quali è sempre bello passare il tempo, parlare, raccontarsi i vecchi tempi e i nuovi progetti. Mentre mancano soltanto pochi giorni a una nuova partenza.

venerdì, maggio 25, 2007

Data da destinarsi

Dopo lunghe peripezie ho lasciato definitivamente Valencia.
Ritorno a casa, ritorno a una vita completamente diversa da quella degli ultimi mesi. Perchè attorno non scorre l’energia di una città che si tuffa nel mare, ma la tranquillità di un paesino tra le colline. Uno di quei posti che a guardarli ti fanno venire in mente un sonetto di Leopardi. Qualche amico, lauree e compleanni, famiglia, una passeggiata. Altri ritmi e altri orari fanno da sfondo alla necessità ancora una volta di riflettere, pensare, programmare quello che succederà più avanti. Quando, beninteso, non si ha la minima intenzione di fissare date e scadenze.

Perchè non è indispensabile seguire l’arrivismo dilagante: si possono portare avanti sogni più che progetti, idee piuttosto che convinzioni. Penso che ogni esperienza mi insegni che non bisogna accontentarsi. Nel senso buono del termine. E’ importante trovare sempre un nuovo stimolo, un obiettivo differente, una strada complicata da affrontare. Ma se devo parlare di fatti concreti, intanto nei prossimi giorni mi aspetta uno studio ‘matto e disperatissimo’. Quindi considerazioni rimandate. Data da destinarsi.

martedì, maggio 22, 2007

Cancelled

Il primo pensiero di questa mattina è che la Spagna non vuole lasciarmi. E per questo cancella tutti i voli per l’Italia, scombinando i piani di persone ben più impegnate di me che sbraitano con la signorina del check-in.
La realtà invece racconta di sciopero, ovviamente dei dipendenti Alitalia (come fosse una novità) ma sopratutto degli uomini radar, figure leggendarie che con cento occhi dirigono il traffico aereo. Senza riempire il cielo di segnali stradali, caselli e corsie preferenziali. Ma semplicemente disegnando rotte fatte di numeri e linee sottili. Niente controllo e niente radar con conseguente chiusura di ogni aeroporto italiano. Una sorta di festa nazionale, con tanto di processione (di scioperanti in manifestazione), laudi al cielo (di viaggiatori bloccati), pranzi a base di caffè e croissant (tra i turisti solidali nella sventura).

Tutto il resto si commenta da solo. Cielo grigio, freddo e vento, valige su e giù per scale mobili, nuovi biglietti della metro, tentativo di ritorno per una notte nella stanza lasciata vuota solo poche ore fa. E lo spettro di un nuovo sciopero che aleggia sulla giornata di domani.

The last good day

Dire cosa siano stati questi mesi a Valencia è un’impresa impossibile. Fra poche ore si decolla, per l'ultima volta, verso casa. In Italia.
E le emozioni si sovrappongono, in uno stato di ansia costante, mentre la notte scivola via. Settimane intense, esperienze e conoscenze, stili di vita, clima di festa costante. Dai primi giorni passati su un divano di quelli che sarebbero poi diventati grandi amici e dispensatori di kalimoxo, fino all’america’s cup, passando per Fallas e viaggio in Andalusia. Gente da ogni angolo del mondo, lingue improbabili, partite notturne di calcio limone, piazze deserte e a volte colme di persone, feste in appartamenti, botteleon, compleanni, fuochi d’artificio e petardi, pedalate e camminate, pioggia e tuffi in mare, musica e sangria, prove tecniche di veganesimo, squatter e un euro per arrivare a fine giornata. Impossibile ricordare tutti i momenti unici, le risate e i pensieri scaturiti da un nuovo modo di concepire il mondo e ciò che ci circonda. E la voglia che un’esperienza simile ti lascia dentro, di conoscere tutto e tutti, di segnare su quella cartina ancora vuota i nomi delle città e delle persone che ti accompagnano lungo il cammino.
Però si possono ricordare i nomi e i volti con i quali si ha condiviso tutto questo: Ale, Paolo, Lorenzo, Giulio. A voi va il mio saluto più caloroso, in attesa della prossima occasione. A presto.

lunedì, maggio 21, 2007

Appunti rovesciati

Sera. La città irremediabilmente italiana, turisti e solo turisti. Tramonto. Luna Rossa in finale. Il pomeriggio al porto e il vento in faccia. Il sole che preannuncia l’estate, all’orizzonte macchie colorate di asciugamani sulla spiaggia. Incontri, Filippo in visita dall’Italia e la leggenda Paul Cayard che passeggia tra le basi degli equipaggi. Gli spagnoli che ci credono, fino in fondo. Mattina. Opaca, sonnolenta, domenica. Notte fonda. Chilometri come tenaglie nelle gambe. Gente per le strade fino all’alba di un nuovo giorno, festa affollata in appartamento, ultimo bottelleon alla playa. Un ambulanza e polizziotti molesti. Bottiglie, sabbia e sangria. Cena di pizza e tortilla. Viaggi metropolitani, un’aeroporto che mi aspetta.

Lo strano desiderio di rivivere al contrario tutto quello che è successo dall’inizio dell’anno, dal primo post di questo blog, dal primo giorno in una nuova splendida città. E semplicemente rallentare tutto, per avere il tempo di capire l’attimo prima che sia trascorso.

sabato, maggio 19, 2007

Un viaggio chiamato amore

Non so perchè oggi sento la necessità di fare il punto delle cose. Di mettermi davanti a una cartina geografica per rendermi conto una volta di più che c’è un mondo, la fuori, da scoprire.
Fermarsi a riflettere mi lascia sempre con un senso di piccolezza nei confronti di quanto mi circonda. Penso di essere fortunato, comunque, di aver visto posti incredibili e conosciuto persone uniche. Di aver fatto esperienze e aver per un attimo sfiorato l’idea di comprenderle.
Penso anche alla ragazza americana in visibilio mentre le parlavo di una nazione antichissima e minuscola costruita in cima a una montagna. Dove sono stato. Che poi è San Marino, e a volte non ci si pensa neppure a quanto sia incredibile questo stato. Guardo questa cartina, mai più a nord di Copenaghen, mai più a sud di Granada. Mai a ovest di Siviglia o a est di Skhiatos. Che è un isoletta greca sperduta dove si gira solo in scooter, perchè di strade non ce ne sono. Guardo le migliaia di chilometri attraverso l’Italia. Con la famiglia, d’estate. Con gli amici, nei weekend. Con la squadra, per andare a correre. O da solo, in macchina, duemila chilometri in quattro giorni. Tra alberghi a quattro tre due una stella, stazioni, anche qualche notte in strada o sulle panchine. Per lavoro, vacanza, divertimento. O forse soltanto per il gusto di viaggiare, per aggiungere un altro passo a questa avventura chiamata vita.

mercoledì, maggio 16, 2007

Connessioni inaspettate

Sono successe tante cose nelle ultime quarantotto ore. Belle, oltretutto. Piccole soddisfazioni, scoperte, progetti che prendono forma, contatti ritrovati.

Per la prima volta un cantante, che passa in questi giorni tra AllMusic e Mtv, ha messo una mia recensione in prima pagina sul suo sito. (http://www.alekama.it) Si chiama Kama, artista in gamba, al quale auguro tanta fortuna per il disco d’esordio. E per me è già un bel traguardo, che la persona della quale scrivo legga cosa ne penso. Se poi è anche contenta, tanto meglio.
Intanto ieri mattina un amico finisce in diretta su Radio Deejay, con Fabio Volo. E spara a tutta Italia una frase secolare. Complimenti davvero. La sera si riunisce la redazione del giornale web dove scrivo. (http://www.nokoss.net) Belle idee, gente attiva, propositiva. E soprattutto cultura, alternativa, a tutto tondo.
Infine sorprese della rete. Giro, cerco, tra video e musica, spunta un’intervista a un vecchio amico, che stimo ma che avevo perso di vista. E che scopro essere candidato al premio nazionale per miglior dj emergente. Anzi, se non vi costa troppo, votatelo. (http://www.trendweb.it/sondaggio.php?id=4) Si chiama Indiano, e vi assicuro che è uno che vale.

Piccole cose. Anche se, chiudendo con una frase degna di stare in un cioccolatino, in fin dei conti sono le cose più semplici ad essere quelle importanti.

martedì, maggio 15, 2007

Seven

Ci sono opere che ti tolgono il fiato. Sparse negli angoli remoti del mondo, orgoglio dell’ingegno umano. Messe in fila su cartoline, riviste, più raramente nei nostri ricordi e pensieri. Ora qualcuno ha deciso che tutto questo dovrà rientrare in una classifica, in una graduatoria, che designerà le sette meraviglie del mondo. Dopo una prima votazione popolare si è arrivati a un elenco di settantasette opere, ridotto da alcuni esperti a ventuno. E ora ognuno può dare il suo voto, per telefono, messaggio, o su internet. Il sette luglio 2007, a Lisbona, la proclamazione delle sette meraviglie. E qui nascono i problemi.
Perchè all’Italia, che vanta il 50% del patrimonio artistico mondiale, è andata male: solo un finalista in gara, il Colosseo. Che tralaltro rischia di non farcela, vuoi per il disinteresse della nazione o per lo strapotere numerico dei votanti indiani e cinesi. Anche se gli americani ci stanno dando una mano, giudicando dai loro commenti grazie al film “Il Gladiatore”. C’è da dire che al primo turno le cose erano andate diversamente: le prime cinque meraviglie votate dalla gente sono state la Grande Muraglia cinese, il tempio Potala a Lhasa (Tibet), il Taj Mahal (India), il Colosseo e le piramidi maya di Chichèn Itzà (Messico). Torre di Pisa settima ma dall’altra parte Basilica di San Pietro sessantunesima, dietro lo stadio olimpico di Monaco e la ruota panoramica di Londra. Appena davanti al canale di Panama. A sua volta davanti al duomo di Milano.
E alla fine gli esperti hanno mescolato epoche, stili, strutture: sono piovute critiche sulle esclusioni celebri, ma i giochi sono fatti. Non ci resta che provare a spingere il nostro timido Colosseo alla conquista di un posto che gli spetta.

Per la cronaca, i finalisti: Acropoli (Atene -Grecia), Alhambra (Granada - Spagna), Tempio di Angkor (Cambogia), Piramidi di Chichèn Itzà (Messico), Statua del Cristo (Rio - Brasile), Colosseo (Roma - Italia), Moai (Isola di Pasqua - Cile), Torre Eiffel (Parigi - Francia), Grande Muraglia (Cina), Basilica di Santa Sofia (Istambul - Turchia), Tempio di Kiyomizu (Kyoto - Giappone), Cremlino (Mosca - Russia), Macchu Picchu (Perù), Castello di Neuschwanstein (Schwangau - Germania), Petra (Giordania), Piramidi (Giza - Egitto), Statua della Libertà (New York - Usa), Stonehenge (Gran Bretagna), Opera House (Sydney - Australia), Taj Mahal (Agra - India), Timbuktu (Mali).

lunedì, maggio 14, 2007

L'auberge espagnole

Ho come l’impressione di un cambiamento nell’aria. Forse gente che va, gente che viene. Perchè sta arrivando chi si farà qua l’estate, per lavorare, stare un po’ al mare, imparare lo spagnolo. In fondo nei prossimi mesi dicono che passeranno di qui qualcosa come sei milioni di turisti. Intanto chi è qui per studiare inizia a completare progetti, preparare esami. Si ha tutti un po’ meno l’intenzione di stare in aula e in biblioteca e un po’ più la necessità di starci.
Fatto sta che venerdì sera festa in spiaggia, ancora freddo nell’aria ma sabbia che scotta. Cinque spagnoli, tre francesi, un’americana, novantotto italiani. Sabato festa in appartamento, qualche tedesco in più ma italiani che spuntano da ogni angolo. Penso sia perchè gli italiani non si tirano mai indietro quando c’è da divertirsi. E non è detto in senso negativo. Si può benissimo studiare, lavorare, imparare, progettare di giorno, senza lasciarsi però assorbire da tutto questo. Senza essere il proprio lavoro, senza tagliare tutto il resto, anche con un esame che incombe. Cosa che uno svedese o un giapponese penso non farà mai. Per via di una mentalità che apprezzo ma non condivido; o meglio, non in assoluto. Non tutta la vita, non in ogni occasione, in ogni istante.

Così il mio appartamento spagnolo (o il mio auberge espagnole, che fa più fascino), la mia vita spagnola, è sempre più bianca rossa verde. Che poi “auberge espagnole” è il titolo di un film che parla di un ragazzo che va in erasmus in Spagna con tutti i luoghi comuni che ne seguono, con la danese che mangia solo biscotti al burro, col tedesco e le lattine di birra, con l’italiano uè uè. E me lo devo vedere. Per dare un tocco internazionale a questa Little Italy.

giovedì, maggio 10, 2007

Fine primo tempo

Fine primo tempo, come si direbbe al cinema. Pausa di riflessione, di relax. Perchè mancano poco più di due settimane al termine di questa avventura valenciana. E il programma migliore è fatto di spiaggia e mare, festa e sangria. Per vivere a pieno queste giornate, fissare nella mente immagini e sensazioni. Ieri è finalmente arrivato mio fratello, e si torna a vedere la città da turista, girando tra i vicoli sotto un sole battente. Si torna a vivere quei primi giorni a Valencia, quando tutto era nuovo, sconosciuto, complicato ma affascinante. Pausa da qualunque programma, pausa dai pensieri che affollano la testa. Con la sola certezza che fra una ventina di giorni si è di nuovo in viaggio, per affrontare una nuova sfida con vecchi amici e nuove conoscenze.

In un certo senso anche Valencia si prende una pausa. Dall’America’s Cup, dalle migliaia di turisti accorsi da ogni angolo del mondo. Fine dei gironi eliminatori. In attesa di due battaglie senza esclusione di colpi per designare i finalisti. New Zealand contro gli spagnoli, Luna Rossa contro gli americani. Mentre tutti gli altri equipaggi salutano, dando appuntamento alla prossima edizione. Splendidi i sudafricani, gli italiani, a sorpresa anche i tedeschi. Simpatici, sportivi, spettacolari, nell’ultima parata all’ingresso del porto. Un attimo di stacco e poi via, tra le onde, più veloci di prima.

martedì, maggio 08, 2007

Come un pomeriggio d'estate

Un pomeriggio in bicicletta e via, fuori dalla città, dalla confusione, alla scoperta di cosa si nasconde laggiù, oltre le periferie malfamate e i palazzi che si fanno altissimi. Traffico, pubblicità e cemento lentamente spariscono per lasciare spazio a pianure spazzate dal vento, macchie d’alberi che non sono tutti in fila come quelli dei giardini, distese coltivate. Ogni tanto un pueblo, un’accozzaglia di case, un piccolo paese.
Tappa obbligata a Alboraia. Così finalmente ho visto un campo di chufa. Forse addirittura una serra. Di questa strana pianta che si coltiva solo qui e dalla quale si estrae una bibita, l’horchata. O orxata in valenciano. Che poi neanche lo so come è fatta una pianta di chufa. Come d’altronde non distinguo farro, miglio, soia... Forse il granturco si, se non sbaglio è quello con le pannocchie. E poi a mia discolpa c’è da dire che non è il periodo migliore per riconoscere le piante, dai campi spunta solo qualche germoglio, un abbozzo di foglia, punti verdi su distese assolate come bottoni su una camicia. Un senso generale di tranquillità che contrasta con la città lontana, con le schiere di macchine rese roventi dal sole, con i disegni della tangenziale sul territorio. E che si sposa invece col mare, placido, all’orizzonte.

E da questa strana realtà esce pure un gruppo di musica elettronica. Orxata Sound System. Che ancora non ho sentito, ma mi ha messo la curiosità addosso. Perchè guardandomi intorno proprio non riesco a immaginare i coltivatori con i loro carretti di chufa e la drum ‘n bass in cuffia.

lunedì, maggio 07, 2007

Dizionario casalingo

Per un giorno ho parlato solo italiano e francese. Rapido incontro con i genitori del conquilino d’oltralpe, due parole con la milanese, giro turistico della città senza aprir bocca. A volte penso che si potrebbe vivere in Spagna anche senza sapere una parola di spagnolo.
Tralasciando il fatto che Valencia è piena di italiani, per essere nell’era della comunicazione abbiamo ben poche cose da dirci. E’ semplice, uscire, acquistare, divertirsi, capire. Andare a fare la spesa. Scaffali ordinati con immagini esplicative, banchi verdure contrassegnati da numeri. Una volta alla cassa rispondere ‘no’ in automatico a una qualsiasi frase della cassiera, che può porgervi solo due domande: se avete una tessera punti o se per caso non avete quei settantatre centesimi per evitare un resto complicato. Poi prendere un autobus, una metro. Con i loro schermi informativi, gli orari e i percorsi stampati chiaramente. Pagare una bolletta, è sempre questione di numeri, carte di credito. Guardare la televisione, leggere un giornale, ascoltare la radio, ora si può fare tranquillamente con un computer, e nella lingua preferita. Si può addirittura scrivere e parlare con gli amici a casa, lontani ma con il nostro stesso patrimonio di parole e modi di dire. E poi esistono tanti lavori nei quali non è richiesta alcuna brillante parlantina. Anzi, se non si parla meglio, si perde meno tempo.

Forse è per questo che tanti stranieri non parlano bene la lingua del paese in cui vivono. Perchè se un italiano vive con la sua famiglia italiana e non ha una grande voglia di parlare con la cassiera, il panettiere, il vigile, il meccanico, non sono certo quest’ultimi che insistono sulla conversazione. Così come accade a un cinese in Italia o a un marocchino in Francia. Fatti, non parole. Fino alle estreme conseguenze.

venerdì, maggio 04, 2007

Scala di grigi

Mare nero, cielo scuro, pioggia fitta, volti nervosi di persone che passeggiano, estate che resta in sala d’attesa. Il mondo disegnato in scala di grigi, città irriconoscibile dopo il caldo dell’ultima settimana. Alberi fioriti che sembrano stingere i loro colori, rami che si piegano verso terra, foglie pesanti per la l’acqua caduta.

Una fotografia di queste ventiquattrore tra le nubi che nascondono Valencia. Fino a un’alba, fredda e limpida, che preannuncia una splendida giornata.


giovedì, maggio 03, 2007

Generazione market

Rimango impressionato dalla quantità di persone che si incontrano in un centro commerciale. Sembra quasi un rito di massa, un luogo d’incontro come una volta erano le piazze e le chiese, un’abitudine irrinunciabile dell’uomo moderno.
Giravo tranquillamente alla ricerca di un dvd, che puntualmente non ho trovato. Perchè solitamente se cerchi un oggetto preciso quello ti sfugge sempre, ma è ugualmente difficile uscire indenni dalla quantità di immagini e promozioni che ti si rovescia addosso. Ovvero, una volta dentro, si finisce sempre per comprare qualcosa. In Spagna c’è una catena di centri commerciali che si chiama El Corte Ingles. Nome che deriva da un negozietto di sartoria dalla quale è nato questo impero, che ora vende veramente tutto e accompagna le esistenze dello spagnolo medio. Piano terra ingombro di libri, cd, film, giornali, riviste. Superamercato alimentare nel sottosuolo. Primo piano di profumeria e articoli per la casa. Tre piani di abbigliamento, giustamente divisi: uomo, donna, bambino. Magari anche un piano di moda giovane. Mobili, arredamento, elettrodomestici, informatica, giardinaggio, ferramenta. Fotografi, ottici, punti assistenza, bar, ristoranti, oggettistica a profusione.
Anche se ciò che mi affascina di più è sempre il reparto sport. Che mostra in tutto il suo splendore i paradossi della vita moderna. Una parete è piena di scarpe studiate per avere le migliori performance correndo a tre minuti il chilometro, quando si corre solo per prendere il bus. Ci sono orologi che reggono la pressione di trecento metri d’acqua, e forse si va una domenica ogni tanto in piscina. Con l’orologio lasciato nello spogliatoio, ben inteso. Nel reparto mare ecco otto modelli di canoa. Vorrei proprio sapere quante canoe vendono al giorno. Poi mazze da golf, quattrocento euro cadauna: motivo in più per non giocare a golf. Macchine da palestra, panche, pesi.
Così uno si può fare la sua corsetta tranquilla sul tapis roulant, senza caldo, senza pioggia, senza vento. Senza poter conoscere mai la sensazione che si prova correndo dieci chilometri sotto l’acqua o bruciati dal sole.

lunedì, aprile 30, 2007

Ping Pong

Cina batte America. L’unico episodio che ricordo è del 1971, mondiali di ping pong, in Giappone. Statunitensi massacrati mentre Mao Tse Tung e Nixon se la ridono in tribuna, dando inizio a un periodo di riavvicinamento dopo le passate tensioni politiche. Per la cronaca, la leggenda vuole che giocasse anche Forrest Gump. Da li in poi abbiamo sempre pensato allo strapotere Usa da una parte e ai cinesi curvi nei campi di riso dall’altra. Ma negli ultimi anni non è stato proprio così.
Ormai la Cina è una realtà, concreta, che avanza. Cuce più vestiti e scarpe di chiunque altro al mondo. E’ il primo produttore di giocattoli. E’ lo stato che vende più televisori. In fondo, se ci si pensa bene, un essere umano su sei è cinese. Ed è una nazione che coniuga un’incredibile crescita tecnologica con un’arretratezza diffusa. Infatti è uno dei pochi paesi al mondo ad usare ancora il carbone, di cui è ricchissima. Carbone che nell’immaginario collettivo è collegato a treni del far west, a vapore; beh, lì ci sono davvero.
Ma la Cina è anche il maggiore investitore in energie rinnovabili. E’ il paese con la prima centrale eolica a levitazione magnetica. Cosa sia, come funzioni e perchè, proprio non ne ho idea. L’unica cosa che ho capito è che lavora meglio di una centrale eolica (nome più difficile uguale idea migliore), soltanto che non si può decidere quanta energia produrre. E non si può accumulare, neanche attaccando un miliardo di pile beghelli allo spinotto d’uscita.

In realtà oggi Cina batte America in una regata di vela. China Team, l’equipaggio peggiore che accumula chilometri di distacco ha compiuto l’impresa sconfiggendo Oracle. Poco conta che la barca americana abbia spezzato un cavo d’acciaio in partenza lasciando che la vela di prua se ne andasse per conto suo. Poca conta che l’altra unica vittoria cinese sia arrivata per ritiro degli avversari. Il tabellone oggi recita Cina 2 America 0. Il sorpasso è iniziato.
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sabato, aprile 28, 2007

Esercizi di stile

Cammino tra la confusione del porto America’s Cup. Gente incravattata e indaffarata nelle basi dei team, atleti sugli schermi e tra le onde. No hay segundo, There’s no second, è il motto di questo incredibile evento sportivo. Per ricordare a tutti che c’è un solo vincitore, un solo equipaggio. Ma a volte penso sia anche per sottolineare una certa questione di stile, una sorta di presa di distanze dal ‘normale’ e dal ‘comune’. Un trofeo che conta meno sugli sportivi e più su tutto quello che ruota attorno, con sponsor, investimenti, merchandising. Mai avrei pensato di trovare nei negozi dei team sci da discesa libera griffati Alinghi e macchine per il caffè in edizione limitata. Mai avrei immaginato di vedere Lapo Elkann che sfrutta i problemi caduti su +39 per pubblicizzare la sua società di comunicazione, tralaltro non ancora fondata. Mai avrei previsto la proliferazione incontrollata attorno al porto di vip lounge bar, tralaltro deserti.
Certo è che gli occhi del mondo sono puntati su Valencia e questa trentaduesima edizione della coppa, trasformata in un gigantesco showroom all’aperto. E allora tutto è immagine, apparenza. E gli svizzeri, prima di tutti, sanno come impressionare e dare sfoggio di ricchezza e sicurezza. Base modernissima, tre scafi in cantiere, otto barche d’allenamento, sedici gommoni, tre yacht per seguire le regate, campetto da basket, barca simulatore da venti metri, decine di biciclette elettriche. E merchandising sfrenato, beninteso.

giovedì, aprile 26, 2007

Altri mondi

E’ stato scoperto un nuovo pianeta. L’ultimo di una lunghissima serie. La buona notizia è che è uguale alla Terra. Leggermente più grande, ma pare per il resto molto simile. Si trova verso la costellazione della Bilancia, a solo 20,5 anni luce di distanza: tante rocce sicuramente, forse anche alberi e prati fioriti. Perchè la temperatura dovrebbe essere tra zero e quaranta gradi, quindi con acqua allo stato liquido, scoiattoli mammuth e merluzzi. Nessuna stagione anomala, nessuna siccità già in primavera, nessuna previsione di estate torrida. Se non altro perchè un anno sul simpatico pianetino dura tredici giorni. Infatti ruota attorno a una stella nana rossa, chiamata amichevolmente Giese581, decisamente più piccola del nostro Sole.
Una volta guardavamo il cielo e ci facevamo tante domande, formulavamo ipotesi, senza poter mai avere nessuna conferma, nessuna conoscenza sulla quale lavorare. Lentamente abbiamo scoperto l’immensità che ci sta intorno, pezzo dopo pezzo, anche se la strada da percorrere è sempre lunghissima. E ogni nuovo tassello che aggiungiamo alla nostra mappa celeste riapre l’affascinante ipotesi che ci sia qualcun altro, là fuori, oltre a noi.
Chissà, forse proprio oggi gli abitanti del pianetino potrebbero aver scoperto la Terra. E potrebbero viaggiare con la mente fantasticando su altri mondi.

martedì, aprile 24, 2007

Pisa - Barcelona sola andata

Ho passato la notte a Pisa. Per strada, sta diventando un’abitudine. Poche ore dopo mi sono svegliato a Barcelona. Non posso veramente chiedere di meglio. Nel giro di ventiquattrore tre treni, autobus, metro, di nuovo autobus, torre pendente, Gaudì e arrivo a casa. Si insomma, a Valencia.
Perchè come d’improvviso ieri notte ho capito che l’aeroporto chiude, se non ci sono voli. Esattamente tra l’una e le quattro e mezza. E fuori fa ancora freddo, specie per chi come me ha lasciato a casa la giacca con baldanzoso spirito estivo. E quindi via, attraverso tutta la città fino a piazza dei miracoli, deserta, splendida. Solo piccole luci e bianche cattedrali, prati verdi nel centro storico, riflessi immobili sull’Arno. Poi ore di aeroporto, cancellazioni, ritardi. Fino a perdersi finalmente nella metropoli catalana, forme moderne e primitive, confusione e centro del mondo. Impressioni di bellezza e luce, ampi respiri d’arte e dinamismo. Dalla piccola piazza fino alla folla della Rambla, passando per il quartiere gotico, Montjuic, il porto, il villaggio olimpico. Una città che in un questa splendida giornata cede il grigio dei palazzi per rinascere in un tripudio di musica e colori.
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lunedì, aprile 23, 2007

Rosa dei venti

Quando si parla di elezioni l’Europa si scuote. Va in scena proprio in queste ore il primo turno del duello per le presidenziali francesi. E tra un Sarkozy e una Royal mi è difficile capire quanto in realtà la mia vita potrà cambiare per opera di uno di questi personaggi. L’unica cosa che mi è chiara è che in Francia o sei da una parte o dall’altra. Come dovrebbe essere. O meglio non tutto è o bianco o nero. Ma ci sono programmi chiari, posizioni precise, obiettivi diversi. Ci sono candidati che parlano nelle banlieu solo se hanno qualcosa da dire, qualche progetto in mente. Non come i politici italiani che parlano sempre di tutto e questa sera non perdono l’occasione per andare in tv a tifare per diverse fazioni. Quindi scegli, o questo o quello, e sai cosa ti aspetta.
In Italia invece la differenza non c’è: partiti identici da una parte e dall’altra, declinazioni di una stessa identica origine. Come quando si legge una rosa dei venti con i punti cardinali: nord, nordnordest, nordest, nordestest, est. E’ la stessa cosa: sinistra, sinistra radicale democratica, sinistra democratica centrista, sinistra destrista accentrata e così via...

Ma la giornata di oggi è soprattutto la classica domenica nella quale lo sport fa da padrone e infila emozioni una dopo l’altra. L’Inter vince lo scudetto, il quindicesimo della sua storia, esultanza tutta la notte in piazza duomo. Prima vittoria esterna del Parma, esultanza tutta la notte a casa mia. E’ anche la prima volta che vedo Valentino Rossi arrivare decimo dopo essere partito in testa, colpa delle gomme che praticamente si sciolgono. Intanto tornando agli scudetti il Celtic in Scozia vince il quarantunesimo. In Francia è il Lione a conquistare il titolo. Nel tennis Nadal batte Federer, Italia femminile sconfigge Cina. Domani riparto per Valencia, e vado a vivere un po’ di sport in diretta, con l’America’s Cup e che mi attende.

sabato, aprile 21, 2007

Fiducia da strada

Premessa, sono di nuovo in Italia. Durante la consueta rapida escursione a Bologna mi è capitato di incontrare due turisti giapponesi. Marito e moglie credo. Niente di strano, la città è piena di turisti. Macchine fotografiche, cappellino alla pescatora, scarpe da trekking, guida tascabile e mappa della città. Un po’ persi, disorientati, li sento discutere e nonostante il mio giapponese sia un po’ arrugginito capisco che non sanno dove si trovano. Sfodero il mio miglior inglese e chiedo gentilmente se hanno bisogno d’aiuto. Subito si spostano, mi guardano storto, usano la cartina come scudo. Pensano che io sia la classica guida abusiva, uno di quei personaggi che si mostrano carini e disponibili e poi ti chiedono venti euro per averti detto ‘per il centro sempre dritto’. Una sorta di Totò truffatore che vuole vendergli la fontana di Trevi.

Penso che non c’è più fiducia nel prossimo. Forse a ragione, di questi tempi è difficile pensare alle cose semplici. Come che un passante voglia aiutarti senza guadagnarci qualcosa. Penso anche che i luoghi comuni si radicano sempre di più nelle nostre menti. Che in fondo le dicerie, le generalizzazioni, sono le vere caratteristiche di un popolo. Mi hanno detto che i norvegesi sono freddi e scostanti. Che gli italiani all’estero si fanno riconoscere perchè parlano sempre con ragazze e urlano per le strade. Che gli inglesi al pomeriggio bevono tè. Ho visto giapponesi e tecnologia, tedeschi e birra, spagnoli e paella, brasiliani e calcio. Tutto diventa sempre più squadrato, omologato. Copia di una copia.

Post Scriptum. A Valencia intanto, dopo quattro giorni di bonaccia, torna il vento e parte l’America’s Cup. Mascalzone Latino compie l’impresa e batte i neozelandesi. Luna Rossa vince facile. E per questa volta devo accontentarmi di festeggiare davanti alla tv.
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mercoledì, aprile 18, 2007

Mille più uno virgola otto

Mille contatti. A tanto è arrivato questo piccolo blog in poco più di due mesi di vita. Che poi i visitatori cosìddetti “unici” sono più o meno trecento. Ovvero ognuno ha aperto la pagina e poi se la è letta tre volte. Magari ha solo guardato le figure. Magari ha cambiato subito, per sbaglio, per volontà, per disinteresse. Restando nel tempo perfetto degli 1,8 secondi. Questo il tempo di visualizzazione medio di una pagina web, a detta di studiosi di comunicazione.
In un informazione che si fa caotica, rapida, nella quale i tempi di caricamento sono azzerati così come quelli di consultazione. Si dice sempre che l’Italia vanta più scrittori che lettori, che il fenomeno blog affascina intere generazioni improvvisamente bisognose di parlare della propria vita al mondo. Di fatti banali ma anche di riflessioni profonde, di semplici racconti o di complesse spiegazioni. “Settantuno milioni di blog. Alcuni di essi devono essere buoni”. Così recita un popolare sito di bloggers.

Certo non ho la pretesa di considerare buono o letterario ciò che scrivo. Sono soltanto le parole di un viaggio, delle impressioni colte giorno per giorno. Un diario che sfoglio per ricordare momenti, persone, esperienze. Ma resta pur sempre il piacere di incontrare qualcuno lungo la strada che si fermi ad ascoltare ciò che hai da raccontargli.

martedì, aprile 17, 2007

Immagini

Sento un fiume di immagini che scorre nella mente. Foto disordinate, mescolate. Nei giorni che seguono il ritorno da un viaggio la mente ripercorre tutto ciò che si è passato. Quei momenti e quelle sensazioni che è difficile valutare nell’attimo in cui si vivono. Sarà per il sonno quasi inesistente, per le camminate senza fine, per la quantità delle novità che si affrontano.

Guardo le foto scattate che mi parlano dei colori splendidi dell’Andalusia: dalle maglie variopinte appese sui balconi, ai giardini fioriti, alle volte dipinte, alla vespa gialla delle poste. Penso alle risate e alle notti al freddo, a Charlie Chaplin, ai panini e al gaspacho in compagnia di Paolo, Giulio e Ale. Che ha raccontato tutto come meglio non si potrebbe: Home Renty Home

Oggi ritorno nella vita valenciana che apre le porte alla America’s Cup. Regate annullate per poco vento ma splendido sole primaverile, conquilina bruciata al mare e aria di festa.


domenica, aprile 15, 2007

Faccio cose, vedo gente

Giusto per spiegare dove sono stato quest’ultima settimana. In viaggio costante, splendido, attraverso città dal fascino irresistibile. Granada con la sua storia al confine tra popoli differenti, Cordoba e i turisti assiepati nelle viuzze, Siviglia tranquillamente adagiata sul Guadalquivir. E infine Madrid, metropoli dal volto umano, vitale e energica in ogni momento e in ogni luogo.

Fatto cose e visto gente, dormito tra autobus e amici, strade e stazioni, camminato tra tanta pioggia e poco sole. Sospirato davanti all’arte araba, incantato da Goya, Velasquez, Raffaello, stupito ancora una volta dalle opere immense e stupende dell’uomo. Incontrato tante persone, mangiato quando capita, pensato di voler viaggiare sempre. Provato a vivere le città non da turista, evitando le grandi masse, gli americani coi cappellini andalusi, i tedeschi con infradito e cappotto, le gite di studenti annoiati. Percorso ogni vicolo in disparte, dimenticato, seduto in ogni piazza e su ogni gradino, respirato l’aria di un paese senza fretta, senza correre, senza la pretesa di conoscere tutto. Lasciandosi semplicemente pervadere dall’ambiente attorno.

Perchè ogni città ha una storia da raccontare e un volto nascosto che svela solo a chi ha il coraggio di essere paziente.

domenica, aprile 08, 2007

Made in Andalusia

Valigia che sembra uno zaino. Anzi, zaino che sembra una valigia. Vuota. Perchè non so cosa prendere su, non so neanche di preciso dove sto andando. Voci di corridoio parlano di Granada, Cordoba, Siviglia, Madrid. Un po’ da amici di amici, un po’ sulla strada. Immancabile macchina fotografica, monodose di gaspacho, vaschetta di pasta per sopravvivere domani che tutto è chiuso. Immagino milioni di spagnoli che vanno al mare, col freddo, le nuvole. E io che indosso quattro maglie per non gelare di notte. Certo, fossi andato a studiare in Islanda sarebbe stato peggio.
Ho l’immancabile guida dell’Andalusia anni sessanta, ricordo di un viaggio di qualche parente hippie. Una cartina di Siviglia, con indicazioni in italiano, forse trovata nell’uovo di Pasqua. Gli appunti di storia del jazz, la voce di Billie Holiday in testa. Scarpe per camminare, pantaloni arrotolati nella borsa, occhiali viola a goccia da figlio dei fiori, braccialetti che non servono a niente.

Certo è che il blog se ne stara zitto per un po’, a meno di improbabili connessioni wifi (inteso come senza fili ma anche senza computer) in giro per la Spagna. Solo un paio d’ore. E via.

Consigli per gli acquisti

Voglio fare un po’ di pubblicità. Perchè poi qualcuno va in vacanza a Valencia, pensa “adesso mi cerco su internet qualche posto carino dove andare la sera mangiare tacos e sentire gente col sombrero che suona le maracas” e invece non trova niente.

La prima cosa che penso io è che tacos e sombrero stanno in Messico, non in Spagna. La seconda è che devo consigliare almeno un paio di locali. Perchè qua la buona musica è merce rara, quando uno gira una città in tre giorni deve andare a colpo sicuro. C’è un locale proprio in centro che si chiama Pinball. E il nome dice già molto. Che poi sta in centro ma in uno di quei vicoli che non vede nessuno. Infatti un saggio diceva che per trovare le cose più belle basta uscire dalla via principale. Arrivi e ti sembra di entrare nei favolosi anni sessanta. Così favolosi che chi è nato negli anni cinquanta sta ancora rosicando di aver sbagliato di qualche anno. E anche chi è nato nei settanta sta rosicando, un po’ meno perchè comunque è più giovane. Fatto sta che tutti volevano nascere nei favolosi anni sessanta. E infatti c’è la classica palla a specchietti che gira, c’è nell’aria musica di quando il rock and roll era la vera rivoluzione, tutti stavano un po’ più tranquilli e un po’ più colorati. Poco lontano un altro locale, il Turmix. Musica che mi piace definire ‘d’autore’. Storia del rock, forse un po’ più grunge post beat pre punk core, insomma quei pezzi che ti danno qualcosa, grandi classici, lontani dal filone valenciano del discotecaro abbronzato.

E poi la strada. Che è il vero punto di ritrovo di una città, come da noi penso non sia più. Con due chitarristi fantastici in piazza alle cinque del mattino. Con gli spagnoli orgogliosi e un po’ molesti. Con gli italiani, sempre e comunque. Con i portoghesi, in cerca di festa. Con tutti coloro che semplicemente si divertono con le persone con cui stanno.
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giovedì, aprile 05, 2007

Pioggia indifferente

Mi sono trovato a pensare che le cose cambiano significato a seconda di come le viviamo. C’era un prato, vicino a casa, quando ero bambino. Giocavo a calcio in mezzo ai fiori bianchi e gialli, alla cavallette. Solo d’inverno mi accorgevo che in realtà il prato era una discesa , perchè scendevo con lo slittino sulla neve. D’estate non mi rendevo conto che l’erba in realtà si inclinava piano piano continuamente. Ora capisco perchè era più facile segnare in una porta piuttosto che nell’altra. O come quando si va in vacanza al mare, un giorno piove e si pensa che non è giusto e che di sette giorni già uno si è bruciato. Poi magari qualche mese ci vivi al mare, e dopo un po’ capisci quella perfetta armonia, senti i temporali che arrivano, i venti che soffiano e le maree che cambiano. Ma il freddo e la pioggia di questi giorni proprio non me li aspettavo. Sarà che ancora non sento “mia” questa città, continuo a viverla di passaggio, distrattamente.

Se un mattino ti alzi per stare solo coi tuoi pensieri la città che ti circonda non ha più senso. Può essere un qualunque crocevia di strade e persone, case imbiancate e luci notturne. Se vai in giro senza ascoltare è inutile che le persone parlino, differenze di lingua non hanno alcun senso. Sarà l’abitudine, o già lo sguardo proiettato sul futuro. Comunque finalmente ho il tanto sospirato biglietto per Granada. E questo basta per riaccendere la voglia di vivere quello che mi sta intorno.

martedì, aprile 03, 2007

Italian pride

Oggi la conquilina mi saluta dicendomi che inizia la Coppa America. Che poi non è vero, mancano due settimane. Ma oggi c’è questa falsa partenza, l’ultima prova di “qualificazione” nella quale le barche si fronteggiano tutte insieme. In uno spettacolo unico. Sette gare in quattro giorni.
Mi precipito al porto, rapido giro tra le basi dei team e poi sdraiato in un prato, davanti al maxischermo. Come se fossi sul divano di casa. Con la differenza che qui mi alzo, mi giro verso il mare e vedo davvero gli equipaggi che lottano tra acqua e vento. Ma seguire una regata è piuttosto complesso, è più facile avere una ripresa dall’elicottero, trenta gommoni con telecamere, simulazione virtuale e commento tecnico. In spagnolo, pessimo tralaltro.
Di fianco a me è seduto il figlioletto di un grinder di Oracle. Che non sta mai zitto (il figlio, non Oracle). Poco più in là ci sono le riserve svedesi, il cuoco dei sudafricani, un massaggiatore tedesco.

Fatto sta che la gara è stupenda: errore enorme di Alinghi, campione in carica, proprio in partenza. Sfida apertissima, condizioni instabili. Come per magia due barche italiane, perfette, davanti a tutti, con Luna Rossa che arranca nelle retrovie. Figlioletto che commenta “china sucks”, quando la barca del papà si trova a lottare coi cinesi in ultima posizione. I più forti faticano, Alinghi recupera, l’Italia lanciata verso la prima vittoria. Quando proprio nell’ultimo quarto di gara il vento sparisce in ogni angolo di mare, le vele si sgonfiano, si rompono, si incastrano. Tranne quella di Oracle, che passa tutti e vince. Secondi i sudafricani che se non altro per il nome (Shosholoza) qualcosa si meritano. Mascalzone Latino terzo, Luna Rossa settima, +39 soltanto decima dopo un’ora al comando. Ma è solo l’inizio.
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lunedì, aprile 02, 2007

Quota quattromila

Fine del silenzio stampa che stava imperversando sul blog. Causato da tanti piccole eventi, il maggiore dei quali viene chiamato così dal mio computer: connessione limitata o assente. Perchè nel mondo della tecnologia ancora non siamo in grado di collegarci alla grande rete ovunque ci troviamo. Quindi se i vicini partono per un improbabile weekend al mare e tu eri attaccato al loro modem la questione si fa complessa. Sia chiaro, perchè in Italia la mia modesta linea telefonica è contesa da tanti operatori. Ovvero arrivano le offerte e poi ti lasciano un paio di mesi senza internet, spiegandoti che è per “motivi tecnici”. Penso sia un po’ come quando a scuola firmavo le giustificazioni d’assenza, “motivi di salute”. Perchè magari non avevo voglio di alzarmi dal letto.
Fatto sta che il ritorno a Valencia mi ha restituito contatti virtuali col mondo, primo giorno ufficiale di America’s Cup e sindrome da jet-leg. Il che scientificamente significa difficoltà di adattamento corporeo alle modifiche di orario che occorrono quando si effettuano lunghi viaggi in aereo e si attraversano diverse zone del globo. Problemi col fuso orario, che tralaltro non c’è. Ovvero l’ora in Spagna è uguale a quella italiana. Però mi sento in diritto di avere anch’io il mio jet-leg, se non altro per i 4000 chilometri fatti in sette giorni, tra aereo, viaggi all’università, visite di piacere e non.
Quattordici ore di sonno e via, come nuovo.
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