sabato, luglio 26, 2008

In attesa di giudizio

Guida dei giochi per lo straniero. Tutto quello che avreste voluto sapere e nessuno vi ha mai raccontato. E' questo, a grandi linee, il titolo di un opuscolo che circola in questi giorni preolimpici a Pechino.
Un inno all'intolleranza, alla repressione, alla privazione della libertà. Un atto di coerenza, dopo tutto, da parte di uno dei regimi più contestati del mondo.
Che non perde occasione per ricordare che sono proibite azioni che minacciano l'unità nazionale, danneggiano l'ordine pubblico, turbano la stabilità sociale o incoraggiano il separatismo etnico. Quindi chi ha intenzione di parlare di Tibet o Birmania farebbe meglio a restarsene a casa. D'altronde forse ci resterà davvero: alle frontiere si presta ben attenzione a non far entrare semplici turisti che possano avere legato allo zaino il fazzoletto di Emergency, o che abbiano nel portafoglio un tesserino di qualche partito attivista. E le cifre crollano, solo centomila visitatori a fronte del milione previsto.
C'è poi il problema delle bandiere: è vietato sventolare quelle dei paesi non partecipanti, e in generale è vivamente sconsigliato portare con sè alcun genere di striscione o cartello. Immagino già la scena di un supporter sardo arrestato perchè sventola lo stendardo con i quattro mori, o le milizie contro la schiera degli italiani con scritto 'ciao mamma'.

Insomma, a conti fatti, le premesse per la sospirata apertura mentale della Cina al resto del mondo non sono le migliori. In attesa di giudizio non resta che alimentare la speranza, non tanto nascosta, che qualcosa stia stia per cambiare.

giovedì, luglio 17, 2008

Atto primo

Il dubbio è: ritornando indietro, faremmo le stesse scelte? Mi sono sempre sentito di rispondere di si. Eppure non posso fare a meno di pensare a quei momenti, a quelle scelte, forse dettate dal caso, che hanno condizionato fortemente il susseguirsi degli avvenimenti. Una mail mandata quasi per gioco, una notte a chiaccherare invece di buttarsi nel letto senza forze, anche quel colpo di testa senza riflettere tanto.
Perchè tutto è equilibrio di istinto, coscienza, fortuna, circostanza. Nel gioco dei ruoli chiamato vita ognuno è chiamato a recitare una parte, diceva Shakespeare. Buona o cattiva che sia, mutevole e inevitabile, vicina o distante dalla nostra realtà.

A volte compiamo delle scelte senza sapere se siano quelle giuste. Seguendo il copione, le battute, senza discuterle. Tenendo solo un briciolo di indecisione nel cuore e un pizzico di coraggio nella mente. Ansiosi di un nuovo giorno da affrontare.

sabato, luglio 12, 2008

Intolerance (quando nulla cambia)

Intolerance è un film muto del 1916, con la regia dello statunitense David Wark Griffith. Una pellicola che descrive come l'intolerranza, in quattro momenti cruciali della storia dell'umanità, abbia giocato un ruolo fondamentale per la rovina della società. Il film nasce come risposta alle accuse di razzismo della prima opera del regista, il controverso Nascita di una nazione uscito l'anno precedente. La storia di due famiglie sullo sfondo della guerra di secessione, la ricerca di una giustificazione per la nascita del ku klux klan come mezzo per mettere ordine nella confusione creata dagli ideali abolizionisti della gente di colore. A Griffith vennero rivolte pesanti critiche, accusa di xenofobia e apologia di ideali nazisti, quando nella vacchia europa il fuhrer se ne stava ancora placido in culla.

Era, come abbiamo detto, il 1915. E mi sento di dire che nulla è cambiato. Certo, non abbiamo più i bianchi cavalieri incappucciati che linciano e bruciano, ma il loro animo sopravvive nella mente di tante persone. Non si riesce ad estirpare la discriminazione, il razzismo, la paura del diverso. Alla faccia di una globalizzazione imperante la società si racchiude in microcelle, in piccole cerchie di privilegiati gelosi della propria esistenza.
Vorrei girare un film e chiamarlo Ignorance, perchè è questo il segreto di tutto. E' la mancanza di conoscenza che continua a renderci così antichi nel nuovo millennio. Che ci fa alzare la guardia contro un calderone di rom, gay, musulmani. Senza differenze. Senza tolleranza.

domenica, luglio 06, 2008

Into the wild

Parto per qualche giorno, in macchina questa volta. Senza un itinerario ben definito, verso la Spagna, approfittando di quella libertà che viene dall'avere un proprio mezzo di trasporto. Niente orari, musica dall'autoradio e paesaggi che scorrono veloci fuori dal finestrino.
Sto pensando che la mia destinazione non è poi così vicina come la ricordavo: un'ora e mezza di volo, giusto il tempo di sfogliare un giornale, si traduce in un intera giornata di viaggio, in ruote che si consumano sull'asfalto. Quindi non ho ancora deciso quanto lontano mi spingerò, mi lascerò guidare un po' dall'istinto. In fondo sarà un modo per scoprire quel sud della Francia troppo spesso dimenticato eppure splendido nell'immaginario di ognuno. Sempre dritto fino all'Atlantico, in mezzo ai Pirenei, visioni da cartoline di cespugli gialli, rami attorcigliati e cielo limpido.
E' molto tempo che non viaggio d'estate. Anzi, forse non l'ho mai fatto. Giusto qualche vacanza marittima e poi per diversi anni confinato in qualche località turistica, per lavoro, senza il respiro del viaggiatore, senza la possibilità di scoprire una costa, l'entroterra.
Si parte, di nuovo, con lo stesso entusiasmo di sempre.

venerdì, luglio 04, 2008

Cocce

Roma parla sempre. Non riesce a farne a meno, deve raccontare storie ed episodi con le bocche dei suoi abitanti, deve riaffermare ogni giorno il suo ruolo, centrale, nella storia e nell'arte. In poche settimane ho già una serie di racconti metropolitani, scaturiti da incontri, più o meno fortunati.
Questa mattina la nuova puntata, sulla linea autobus centosettanta, una sorta di luogo d'incontro per un'umanità varia e appassionata. Il principio, con le prime fasi del discorso, è sempre uguale, con piccole variazioni. Che caldo che fa, l'autobus è in ritardo, in città c'è traffico, non mi piace la metro, però è comoda, ma non si può scavare, hai visto adesso, che gente c'è in giro.
Poi si ricama, si sviluppa, si sorprende. Oggi ho incontrato un signore del ventinove, con il classico dolore al ginocchio, affabile e felice di raccontare la propria vita.

A Roma, negli anni della guerra, era tutto diverso. Ogni tanto sentivi il rombo delle fortezze volanti che portavano le bombe, qualche mitragliata della contraerea, e poi il cielo si illuminava e si sporcava di grigio. Il sabato si andava tutti a Piazza Venezia per l'adunata, che non interessava a nessuno, ma bastava stare lì a battere le mani ai discorsi e si saltava un giorno di scuola. Poi c'era la tessera per il pane, una rosetta al giorno, e la sera si mangiava semolino di farina, sempre. Che poi la farina bisognava andarla a prendere fuori città, e un giorno passava un camion d'arance, e allora abbiamo chiesto all'uomo sul mezzo di lanciarcene qualcuna. Ma lui ci ha buttato solo le cocce, e noi ce le siamo mangiate lo stesso. E mia moglie stava pure peggio. Si mangiavano le fave un giorno, e il giorno dopo le cocce delle fave, bollite, perchè altrimenti non si mandavano giù.
E stato come vivere per un attimo in un tempo distante, dimenticato. Capace di farci apprezzare ancor di più la semplice realtà di ogni giorno.

giovedì, luglio 03, 2008

Slow motion

Per il bene dell'umanità e dei viaggiatori oggi ho compiuto un serio esperimento scientifico. Navigando nei meandri di trenitalia ho trovato un sito di pubblica utilità, che informa sul ritardo dei treni, fornisce dati esaurienti sul traffico e i numeri del trasporto nazionale. Pieno di fiducia ho allestito un'improvvisata indagine statistica: ho scelto, del tutto casualmente, quattro tratte, distanti una dall'altra, nord sud e le due coste. Il risultato, alquanto prevedibile, è il seguente.
In questo istante sulla ferrovia che collega Rimini ad Ancona sono in viaggio tre treni: l'intercity proveniente da Milano ritarda di ventun minuti, quello diretto a Lecce di quarantuno. Non sfugge neppure l'eurostar per Taranto, indietro di tredici minuti.
Tra Pisa e Roma l'intercity verso la capitale ha ventisette minuti, in senso contrario, destinazione Ventimiglia, trentatre minuti. Un altro ritardo minimo, sei minuti, e finalmente due convogli in orario.
Al nord, tratta Milano Verona, pochi minuti di attesa per tutti e un treno paradossalmente in anticipo. Che però arriva dalla Svizzera.
Per concludere notizie dalla ferrovia Salerno Paola, tre intercity e due eurostar. Venti, quattro, quarantanove, tredici, quindici. Come numeri del lotto andrebbero anche bene.
Ogni viaggio è un incognita, relativa, indefinibile. Alla quale siamo talmente abituati da restare indifferenti anche a quest'elenco di disagi e disservizi chiamati ritardi.

mercoledì, luglio 02, 2008

Evidenza

L'obiettivo dichiarato di oggi è creare un mondo migliore. Lo dicono un po' tutti, qualcuno in fondo ci spera, e per una volta voglio seguire il branco e accodarmi a quest'ondata di ottimismo. Cambiamo il mondo, d'accordo. Come i quattro amici al bar, come Obama e Gorbaciov prima di lui, come i verdi e Scajola, anche se non nello stesso modo.
L'importante è essere d'accordo che c'è qualcosa che non va. Giusto così, in linea generale, senza approfondire troppo. Sono sempre belli gli ideali, comunque vada, ma nella realtà delle cose tutto è un po' differente.

Premetto che quello che dirò da adesso in avanti è solo una banale generalizzazione, che si contraddice nel momento stesso in cui esiste. Comunque, prendiamo un problema a caso, di quelli che crescono in maniera esponenziale e attanagliano l'umanità.
Esempio numero uno, la fame nel mondo. E' scientificamente provato che se fossero tutti vegetariani ci sarebbe cibo in abbondanza ovunque. Basterebbe coltivare a cereali le distese utilizzate per l'ingrasso di animali in allevamenti intensivi, che il più delle volte mangiano nel terzo mondo e sono mangiati qui da noi. Esempio due, la crisi energetica. Ben venga la ricerca di fonti alternative, ma il problema è un altro. La domanda cresce ogni giorno, il benessere dilaga, si bruciano più risorse nel solo anno duemilaotto che in tutto il medioevo. Esempio tre, l'inquinamento. Qui vago un po' nell'incertezza, le soluzioni probabilmente ci sono ma hanno un costo difficile da gestire, con un conseguente calo del tenore di vita difficile da accettare.
Con questo cosa voglio dire: che il mondo può cambiare, sta cambiando. Con i piccoli gesti di ogni giorno, con la liberalizzazione della cultura e della conoscenza, che pone le basi per un futuro più consapevole. Prenderemo coscienza della necessità di fare delle rinunce. E sceglieremo tranquillamente il mondo che vorremo creare. Perchè a tutto c'è rimedio, basta avere la volontà per seguire la strada corretta.