lunedì, aprile 28, 2008

Una storia da raccontare

Un anno dopo, un bus scende lungo la costa, scivola sinuoso tra due rive di rocce rosse e cespugli bassi. D'un tratto la terra si spiana, come un'immensa tavola che si getta nel mare e si apparecchia di paella e sangria. Ritorno a Valencia, per un paio di giorni.
Ritorno a un anno fa, a una giornata calda d'aprile. Passeggiavo lungo il porto, sospeso, indeciso, perdendo lo sguardo lontano, fra le onde dell'orizzonte. Senza sapere di preciso cosa mi avrebbe portato l'estate, quale strada avrei intrapreso. Silenzioso, di fronte a un viaggio che finisce. Perchè è semplice trovare le parole per un'avventura che inizia, ma non per una che volge al termine.
Non si puo' considerare la fine di un cammino come un punto d'arrivo o un'obiettivo centrato. Ma soltanto come una nuova storia da raccontare, da condividere e ritrovare di tanto in tanto.

Domani torno a casa, e sono felice di non sapere cosa mi aspetta. Forse un nuovo viaggio, un'altra pagina bianca da riempire di parole. Intanto mi piace pensare che Valencia mi sorrida. Che abbia gradito questo omaggio, questo ritorno dove forse tutto è iniziato un anno fa. A presto.

giovedì, aprile 24, 2008

I favolosi anni ottanta

Quant´erano belli i favolosi anni ottanta. La discomusic, gli abiti esagerati, una sorta d´idea della societa´ che si mostra e si esibisce, si circonda di status symbol, di oggetti inutili che tutti devono avere. Uno stile di vita che risplende nel momento stesso in cui si esaurisce, con tanto di battito di mani finale e velata malinconia.

Ecco perche´ ritrovarsi i favolosi anni ottanta sotto gli occhi da solo la sensazione di polvere sul viso, colori sbiaditi sulla pelle, tristezza nel cuore. Mi e´ successo camminando tra le vie del mercato di una qualche citta´ dell´est. Dove tutto sembra essersi fermato ai favolosi anni ottanta. E dove l´ aggettivo favoloso riesce solo ad essere una perfida ironia.
Una donna ha il fazzoletto in testa, il volto segnato, e sul carretto decine di pupazzi fosforescenti, accesi, improbabili. Un uomo vende cd dalle copertine ingiallite dal sole, accanto a banchi di verdura dove tutto e´ coperto di terra. Come se nulla cambiasse da quando una carota e´ immersa nel suolo a quando arriva sulla tavola: un´ immagine d´altri tempi che mi riporta alla realta´ della citta´ nella quale mi trovo. E mi fa dimenticare quella fila di bancarelle di giubbotti di pelle cosi´ dannatamente anni ottanta.

domenica, aprile 20, 2008

Reparto ortofrutta

Il principio della comunicazione sta nella trasmissione di un messaggio. Che siamo abituati a concepire come un susseguirsi di parole e fonemi che abbiano piu' o meno un senso compiuto. Ma in realta' e' molto di piu'.
Lo si puo' capire a pieno solo togliendo un ingranaggio al complesso meccanismo, rifondando da principio regole e significati. L'esperimento si svolge in questo modo: ci si butta in un paese straniero, differente stile di vita, temperatura. Differente ceppo linguistico, uro-finnico piuttosto che cirillico, evitando l'uso dell'inglese come chiave per conoscere il mondo.
Ogni nuova esperienza, ogni parola appresa, e' un gradino che ci avvicina all'infinito. In un attimo si palesa la difficolta' di un processo comunicativo, l'amplificarsi della gestualita'.
Sfogliare un giornale fatto solo di foto e geroglifici, attraversare il reparto verdura di un supermercato, fa vivere l'emozione di un archeologo alle prese con una civilta' sepolta. La soddisfazione, per quanto semplice, e' chiamare un caffe' e una ciambella col loro nome. L'ambizione, ancora distante, e' riconoscere l'ambulatorio di un dentista dall'insegna, senza scambiarlo con un centro internet.

martedì, aprile 15, 2008

Ordinaria amministrazione

L'ordinario sta nel rivivere un'esperienza conosciuta.
Nel sentire la tromba di Miles Davis che risuona nell'aria e capire chi e' che con dita leggere tira fuori quella melodia da un pezzo d'ottone. Ordinario e' guardare la ragazza seduta all'angolo del bar con due uomini in cravatta.
Uno si passa una mano sul viso, stringendo la penna, e segna appunti su un blocco. Il secondo pone le domande, la ragazza sostiene lo sguardo e cerca di essere a proprio agio. E per quanto possa essere preparata e sciolta nel presentare le proprie capacita' potrebbe perdere quell'occasione di lavoro solo per la sciarpa che porta intorno al collo. Perche' ha un colore, verde, che distrae l'attenzione di chi le sta di fronte. Il curriculum sembra fare un buon effetto, ma il tipo con il braccio disteso sul tavolo passa sempre la mano sul volto, rivela nervosismo, tensione. L'altro indossa una cravatta, rosa, e certamente continuera' a essere tormentato dalla sciarpa, verde, che gli sta di fronte.
Perche' dopo un po' e' inevitabile cadere nell'ordinario, nel "le faremo sapere".
P.S. Le elezioni sono passate. Dovrei commentare i risultati. Ma c'e' chi l'ha fatto gia' splendidamente e del quale condivido il messaggio. Date un'occhiata.

lunedì, aprile 14, 2008

Spaghetti western

Ore 15. Si chiudono le operazioni di voto. Mi guardo attorno, indifferente, lontano. Vedo solo la citta' di Dublino che si stende sotto i miei occhi, dall'alto del Gravity bar all'ultimo piano della fabbrica Guinness. Sento solo il sapore di una birra che e' del tutto differente da cio' che ci viene servito in Italia. Forse incontro soltanto uno stile di vita diverso da quello che ci viene propinato nel nostro paese.
Forse non e' tanto importante chi vincera', piuttosto quanto ognuno riuscira' a far valere le proprie idee. Abbiamo bisogno di rivalutarci, di credere nelle possibilita', nel rilancio. La competizione deve essere stimolo, il confronto un dialogo aperto.
Sono lontano, europeo, ma felice di essere italiano. Contento del rito del caffe' mattutino, della pasta a pranzo, delle parole gesticolate. Pronto ad affrontare l'avvicendamento politico, qualunque esso sia, con rinnovato entusiasmo.

domenica, aprile 13, 2008

Sfr 777

E' il volo che collega l'aereoporto di Glasgow Praestwick a quello di Dublino, le lande della Scozia alle colline d'Irlanda. Quasi verso la mezzanotte, una sala d'attesa deserta e gente seduta tranquillamente di fronte a una pinta di birra nel pub dedicato ad Elvis. Perche' Praestwick, in un qualche modo, e' l'unica citta' del Regno Unito visitata dal re del rock n' roll. Il 3 marzo del 1960 la leggenda della musica e' stata ben lieta di incontrare i fans, sopraggiunti all'aereoporto, mentre il suo jet personale si riforniva di carburante. E per una cittadina che ha attorno solo rocce e steccati tutto diventa motivo d'orgoglio. Una targa ricorda l'avvenimento, all'Elvis bar si inganna l'attesa di quel volo che chiude la giornata.
Un attimo, quaranta minuti di sali e scendi tra nuvole e scie luminose delle citta' dimenticate. L'aereoporto di Dublino, immenso, che sprizza vitalita'. Una citta' sulle sponde del fiume che sembra conoscere solo la birra come unico idolo.
Questa sera esco, vado nel leggendario Temple Bar, a cercare una piadina. Dopo tanto bere anche gli irlandesi vorranno mettere qualcosa sotto i denti.

sabato, aprile 12, 2008

Seduto all'angolo della strada

Momenti di vita di una giornata d'aprile, angolo di Roxburgh street, Edimburgo. Case tutte uguali, file di comignoli e pietre annerite, vetrate ampie come quelle di una cattedrale. Immagini riflesse di tetti aguzzi e torrette degne di un film di Harry Potter. Una di quelle strade in pieno centro nelle quali misteriosamente non passa nessuno, proprio mentre il traffico si congestiona nella via accanto.
Ore 13. Due turisti italiani stanno seduti all'angolo, visibilmente infreddoliti, improvvisano un aperitivo con pacco di patatine e qualche lattina. Un gruppetto di bambini dai capelli rossi passa in maniche corte. Un'ambulanza con un autista dai capelli rossi si avvicina suonando la sirena. Cade il pacco di patatine, senza un'apparente motivazione. Il suolo perfettamente pulito si ricopre di piccole foglie gialle. I turisti iniziano a raccogliere e nascondere le prove sotto lo sguardo indagatore di un sopraggiunto uomo in pantaloncini, che pur non avendo capelli rossi ha gli occhi di un grande e grosso scozzese infastidito.
L'ambulanza si ferma proprio all'angolo, le corrono incontro un ragazzo e una ragazza con immancabile testa rossa, urlando e agitandosi. Le patatine sono scomparse. Un passante interroga i turisti, che orgogliosi della loro nazionalita', non comprendono una parola. Uno dei due risponde un ipotetico "no, penso di no". Lo scozzese e' soddisfatto. I gabbiani anche, circondano la scena aspettando che si calmino le acque per fiondarsi sulle briciole.

Gli stessi turisti italiani sono avvistati poche ore piu' tardi mentre provano la veridicita' del gioco di prestigio chiamato "la scatola mangia soldi". A malincuore si rendono conto che non si tratta di un gioco. E le monete se ne vanno davvero.

martedì, aprile 08, 2008

Lost in highlands

E' stato un attimo attraversare Parigi, tra vicoli e quartieri inaspettati. Parti di un solo organismo che e' quella citta' instabile, romantica, mutevole. Dal quartiere di Montmartre, uscito dalla fervida immaginazione di un vignettista, relegato e imprigionato in un qualche modo sul tramonto degli anni ottanta. Con quel Moulin Rouge che e' simbolo di un'immaginario collettivo fatto di musica e storie d'amore, e che invece delude le aspettative. Fino alla zona popolare dove ho passato le nottate, fatta di palazzi alti che a loro modo raccontano una storia, dall'alto di strette scalinate coperte di tappeti. Ho visto e vissuto, con il freddo costante nelle ossa.
Ieri tutto si e' acceso e scaldato per un attimo, con il passaggio della torcia olimpica, le contestazioni, la caccia aperta ai turisti cinesi da parte dei manifestanti. Poi oggi tutto e' tornato nella morsa del gelo. La torre Eiffel si e' coperta di neve. Ma io a Parigi non ci sono piu'.
Sono appena atterrato in Scozia, a Glasgow. Ho visto volando le bianche scogliere di Dover e il canale della Manica, e poi la terra che mano a mano si fa piu' scura, si punteggia di rocce nere e di coste frastagliate. Steccati, greggi di pecore, colline erbose dal finestrino del treno. E infine la citta', ancora da scoprire.

sabato, aprile 05, 2008

Paris!

Sono partito. Senza troppi ripensamenti, senza sapere bene cosa ho messo in valigia. Che valigia non è, ma una casa ambulante, uno zaino che sarà tutto quello che ho per un mese. E' veramente incredibile il giorno dopo aver fatto un trasloco dalla casa di Bologna, tra pacchi borse e sacchetti, vedere l'armadio pieno e uno zaino con il nulla, l'indispensabile. Una sorta di compendio dell'anticonsumismo, nel quale ogni oggetto è simbolico, ogni abito funzionale.
Ho viaggiato una notte per risvegliarmi sulle sponde della Senna, ho camminato una giornata a dispetto della metropolitana che nascosta avvolge le viscere della città. Mi sento bene.
Commosso forse, di fronte alla spiritualità di Notre Dame, incuriosito di fronte a una tazza di caffè cosi' grande che mi terrà sveglio per giorni. Spero di perdere presto quella coscienza che mi costringe a continui paragoni, a confronti, rispetto all'Italia nella quale vivo. Spero di non essere un turista, ma un viaggiatore.
L'ostacolo maggiore, prendere e andare via, è superato. Ora devo imparare a scrivere con questa tastiera francese con le lettere scombinate. E lasciare che il vento che non mi da tregua diventi solo un compagno di viaggio.

mercoledì, aprile 02, 2008

Il gioco del gessetto

Qualcun altro ha deciso al posto mio . O forse non qualcun altro, ma una serie di condizioni. Detto in breve non andrò a votare. Perchè sarò lontano, in viaggio, il che mi sembra una giustificazione validissima. Mi tolgo dalla condizione di dover risolvere una marea di dubbi e rivendico invece il privilegio di criticare tutto e tutti.

Certo, il rovescio della medaglia è che non potrò lamentarmi nei prossimi anni, dovrò subire in silenzio il processo democratico che si rinnova. Dovrò guardare come sempre illusioni che svaniscono, aspettative disattese, senza concedermi il piacere di una sana polemica. Perchè è giusto contestare solo ciò che si è voluto, ciò che si è costruito con le proprie mani e il proprio voto.

Non ho la pretesa di giudicare le proposte, i programmi, non ho le competenze, le conoscenze. Altrimenti sarei candidato io stesso. Avevo anche pensato a un nome per la lista, qualcosa di ingannevole con simbolo tricolore, come partito delle libertà democratiche, o popolo democratico dei partiti liberi. Programma di lotta agli sprechi, energetici, economici. Taglio simbolico degli stipendi ai politici. Mi basterebbe sentire queste due cose, invece di vedere centinaia di pagine di idee e progetti, che puntano ad accontentare tutti sapendo che aumentare da una parte significa togliere dall’altra.
Starò lontano da tutto questo qualche settimana. Mi dispiace solo perdere l’avvincente finale, voto dopo voto, fino alla proclamazione del vincitore. Del Grande Fratello, ovviamente. Per le elezioni in fondo, comunque vada, non potrò lamentarmi.

martedì, aprile 01, 2008

Fine delle danze

Ho chiuso il mio rapporto con l’università. In una splendida giornata, con alcune delle persone con le quali ho diviso bei momenti, con la famiglia. Con un certo tono istituzionale che mi fa parlare come se fossi a una conferenza, strette di mano, e foglie d’alloro in testa. Ho messo pure una cravatta che fa molto evento, un completo gessato, scarpe nere e lucide. Ho raggiunto una prima tappa che vuole essere solo il prologo dovuto di ciò che succederà.

Per dovere di cronaca devo aggiungere che mi hanno fatto girare ore per Bologna vestito da pagliaccio. Un bambino mi ha chiesto un palloncino, qualcuno ha fatto il simpaticone, altri si sono complimentati. Un gruppo di irlandesi in vacanza ha voluto una foto con me.
Ho sentito addosso gli sguardi di tutti, ma non mi ha dato fastidio. In fondo mi sento proprio così, un po’ buffone e disimpegnato, con la voglia di calamitare l’attenzione del pubblico, dello spettatore, del lettore. Con un bagaglio di progetti che da oggi possono essere un po’ più vicini alla realtà.