giovedì, maggio 03, 2007

Generazione market

Rimango impressionato dalla quantità di persone che si incontrano in un centro commerciale. Sembra quasi un rito di massa, un luogo d’incontro come una volta erano le piazze e le chiese, un’abitudine irrinunciabile dell’uomo moderno.
Giravo tranquillamente alla ricerca di un dvd, che puntualmente non ho trovato. Perchè solitamente se cerchi un oggetto preciso quello ti sfugge sempre, ma è ugualmente difficile uscire indenni dalla quantità di immagini e promozioni che ti si rovescia addosso. Ovvero, una volta dentro, si finisce sempre per comprare qualcosa. In Spagna c’è una catena di centri commerciali che si chiama El Corte Ingles. Nome che deriva da un negozietto di sartoria dalla quale è nato questo impero, che ora vende veramente tutto e accompagna le esistenze dello spagnolo medio. Piano terra ingombro di libri, cd, film, giornali, riviste. Superamercato alimentare nel sottosuolo. Primo piano di profumeria e articoli per la casa. Tre piani di abbigliamento, giustamente divisi: uomo, donna, bambino. Magari anche un piano di moda giovane. Mobili, arredamento, elettrodomestici, informatica, giardinaggio, ferramenta. Fotografi, ottici, punti assistenza, bar, ristoranti, oggettistica a profusione.
Anche se ciò che mi affascina di più è sempre il reparto sport. Che mostra in tutto il suo splendore i paradossi della vita moderna. Una parete è piena di scarpe studiate per avere le migliori performance correndo a tre minuti il chilometro, quando si corre solo per prendere il bus. Ci sono orologi che reggono la pressione di trecento metri d’acqua, e forse si va una domenica ogni tanto in piscina. Con l’orologio lasciato nello spogliatoio, ben inteso. Nel reparto mare ecco otto modelli di canoa. Vorrei proprio sapere quante canoe vendono al giorno. Poi mazze da golf, quattrocento euro cadauna: motivo in più per non giocare a golf. Macchine da palestra, panche, pesi.
Così uno si può fare la sua corsetta tranquilla sul tapis roulant, senza caldo, senza pioggia, senza vento. Senza poter conoscere mai la sensazione che si prova correndo dieci chilometri sotto l’acqua o bruciati dal sole.

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