sabato, aprile 21, 2007

Fiducia da strada

Premessa, sono di nuovo in Italia. Durante la consueta rapida escursione a Bologna mi è capitato di incontrare due turisti giapponesi. Marito e moglie credo. Niente di strano, la città è piena di turisti. Macchine fotografiche, cappellino alla pescatora, scarpe da trekking, guida tascabile e mappa della città. Un po’ persi, disorientati, li sento discutere e nonostante il mio giapponese sia un po’ arrugginito capisco che non sanno dove si trovano. Sfodero il mio miglior inglese e chiedo gentilmente se hanno bisogno d’aiuto. Subito si spostano, mi guardano storto, usano la cartina come scudo. Pensano che io sia la classica guida abusiva, uno di quei personaggi che si mostrano carini e disponibili e poi ti chiedono venti euro per averti detto ‘per il centro sempre dritto’. Una sorta di Totò truffatore che vuole vendergli la fontana di Trevi.

Penso che non c’è più fiducia nel prossimo. Forse a ragione, di questi tempi è difficile pensare alle cose semplici. Come che un passante voglia aiutarti senza guadagnarci qualcosa. Penso anche che i luoghi comuni si radicano sempre di più nelle nostre menti. Che in fondo le dicerie, le generalizzazioni, sono le vere caratteristiche di un popolo. Mi hanno detto che i norvegesi sono freddi e scostanti. Che gli italiani all’estero si fanno riconoscere perchè parlano sempre con ragazze e urlano per le strade. Che gli inglesi al pomeriggio bevono tè. Ho visto giapponesi e tecnologia, tedeschi e birra, spagnoli e paella, brasiliani e calcio. Tutto diventa sempre più squadrato, omologato. Copia di una copia.

Post Scriptum. A Valencia intanto, dopo quattro giorni di bonaccia, torna il vento e parte l’America’s Cup. Mascalzone Latino compie l’impresa e batte i neozelandesi. Luna Rossa vince facile. E per questa volta devo accontentarmi di festeggiare davanti alla tv.
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