domenica, gennaio 20, 2008

Scatole cinesi

Da bambino bevevo l’acqua del rubinetto. Poi abbiamo cambiato citta’ e l’acqua non si poteva piu’ bere. Forse perche’ prima stavamo al piano terra e poi nell’attico, e l’acqua fa cosi’ tanta fatica per arrivare in cima alle scale che non e’ piu’ buona. E allora devi riempirti la casa di bottiglie, di etichette, di tappi. Avevo un cassetto pieno di tappi, centinaia, non so per quale motivo, ma a guardarci dentro capivi in un attimo quante bottiglie potevi aver gettato nella spazzatura. Quella stessa spazzatura che adesso inonda le strade del napoletano e parte con tanti piccoli mezzi verso tutta l’Italia.
Il fatto e’ che qualunque cosa compriamo e’ impacchettata, sigillata, contornata da plastica e polistirolo. E questo e’ abbastanza evidente a tutti. Le leggi del mercato riempiono gli scaffali di incarti sempre piu’ piccoli, piu’ pratici, aumentando in modo spropositato le confezioni da smaltire. Le leggi della concorrenza aumentano immagine e pubblicita’, inserti e imballi non necessari. Ogni prodotto e’ una scatola cinese, fatta di plastica che inghiotte carta, che divora alluminio, che ingloba null’altro che spazzatura. A Parma esiste pure un corso di laurea in scienze e tecnologie del packaging, giusto per rendere l’idea di come vanno le cose.
Ma in un paesino del Piemonte pare che tutto sia differente e che sia realmente iniziata la guerra agli sprechi. Si puo’ andare dal panettiere col proprio sacchetto, al banco salumi con una vaschetta gia’ usata, si usano borse di tela per la spesa.
Certo sara’ il massimo della comodita’ fare colazione con biscotti incartati singolarmente, pane gia’ affettato e imbustato, caffe’ solubile in bustine monodose. Ma forse e’ arrivato il momento di rinunciarci.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ti lascio la mia mail, contattami...
marty8589@yahoo.it

Anonimo ha detto...

senza parole...