martedì, aprile 30, 2013

Fenomenologia della fotografia

GIORNO 15, AGRA, UTTAR PRADESH

Importante ricordare. Avere immagini, volti, storie. Determinano cio' che siamo. Una mescolanza di esperienze, di dettagli che messi in fila come tessere del domino ci portano a fare un ragionamento
E la qualita' di quel pensiero non puo' che scaturire dalla cura del dettaglio, dalla pluralita' di punti di vista, dall'unicita' di un'esperienza.

Dico questo perche' non riesco a fotografare. Il culto della condivisione forzata, della collezione d'immagini svuotate del loro significato, non mi appassiona. Trovo che la fotografia debba essere forma d'arte, o se non altro di bellezza, estetica e concettuale. Oppure occasione per fissare un ricordo. Ma non debba essere una carrellata infinita di soggetti architettonici, tolti dal loro contesto e oltretutto ritratti in malo modo. Scatti anonimi di una cattedrale, di un fiume, di un cartello di divieto di sosta.

Oggi sono stato al Taj Mahal, all'alba. Il colore del marmo, la perfezione, la simmetria, l'irrealta' della mattina indiana. E cento macchinette che cercano di far spostare le persone per avere la loro immagine vuota e pulita da catalogo d'architettura. Non lo posso capire. E' la stessa immagine che trovi su internet, piu' brutta, senza nulla di personale
Capisco di piu' le pose stupide: prendi il Taj per la cupola, sorreggi la torre di Pisa, tieni tra due dita il Vaticano. E le foto di famiglia. La bimba che sbadiglia, il padre con la fronte sudata, la fidanzata che si aggiusta i capelli e, dietro, un capolavoro come il Taj Mahal.

Foto che, si spera, non finiranno per sempre dimenticate in una cartella su un hard disk esterno insieme alle milleduecento del giorno di Pasquetta a Fregene.


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