sabato, marzo 03, 2007

Ragazzi di vita

L’identità nazionale a volte è fortissima. In Italia sicuramente, visto che quando si esce dai confini dello stato non si smette mai di parlarne. Si raccontano leggende sul fatto che tutto sia più bello, migliore, perfetto. D’altronde abbiamo inventato pizza e spaghetti, e con questo ci giustifichiamo quando non rendiamo merito a culture millenarie e sconosciute. Italians do it better.
Quando parlano spagnolo gli italiani non ci mettono neanche un briciolo d’impegno. Tanto si fanno capire ugualmente. Verbi coniugati all’infinito, parole in dialetto, pronuncia così come viene. Certo ci sono anche quelli che si applicano, studiano, è solo questione di tempo.
Ma una linea generale di supponenza ci precede sempre. L’Italiano suscita simpatia, ma sotto sotto viene considerato un po’ sbruffone, un po’ tonto (in spagnolo rende bene l’idea). Quello che arriva, punta la prima ragazza, poi vede rotolare un pallone per terra e gli corre dietro.

Per la cronaca ho conosciuto il primo siciliano che parla spagnolo perfettamente. E il primo valenciano che parla toscano. E la prima ragazza finlandese che picchia un ragazzo. Può sembrare strano, ma è proprio così. Notte, chiusura di un locale, gente ubriaca. La bionda fanciulla, che si sentiva presa in giro, ha afferrato il giovanotto per il collo e lo ha sbattuto a terra. Con conseguente rabbia omicida di quest’ultimo ferito nell’onore. Ho così pensato di adottare la solita tattica: passare in mezzo, dire una frase stupida tipo “un carabiniere entra in un caffè, splash”. Di solito i lottatori rimangono molto stupiti e quell’attimo fa sbollire la rabbia. Almeno, se poi si picchiano, lo fanno con meno convinzione. Questa volta invece sono rimasto bloccato tra i due. Da una parte lo spagnolo, che secondo me pensava più o meno: “una ragazza non la picchio, però faccio il gesto forte tanto c’è questo qua che mi ferma”. Dall’altra la finlandese: “io quello lo ammazzo, tanto c’è questo qua che me lo tiene fermo”. Pochi feriti, qualche contuso, tifo da stadio. Una notte di ordinaria follia.
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