lunedì, febbraio 21, 2011

Inca jungle

GIORNI 27-28-29-30, INKA JUNGLE, PERU'

Sulla cima di una montagna, a 4300 metri, un uomo in bicicletta guarda perplesso lo strapiombo che si trova di fronte. Piove, l'aria fredda e la nebbia ricordano una tappa del Giro d'Italia da periodi epici, quelli con un solo uomo al comando nella sua maglia bianca celeste.
Ha inizio una quattro giorni di fuoco. Mi sono concesso un tour organizzato, lontano pero' dalle logiche del mercato che vedono un treno cileno inglese accaparrarsi il fiume di turisti che si riversa su Machu Picchu. Si parte dalla cima di una montagna, dopo alcune ore in minibus. Ci si butta per ventotto chilometri di tornanti mozzafiato in bicicletta. Poi si cammina. Due giorni, nella giungla, lungo il fiume Urubamba, sul fianco delle Ande, su sentieri inca che si perdono nel vuoto e nella vegetazione. E l'ultimo giorno si sale, prima dell'alba, a Machu Picchu.

C'e' l'olandese che ho incontrato in ostello, che nel suo poncho rosa sembra il leader di classifica mentre scende i tornanti dell'Abra Malaga. Poi uno scozzese che non teme il freddo. Fratello e sorella dall'Irlanda che lottano per le prime posizioni. Un italiano uscito da 'Il signore degli anelli'. Un gruppo di cileni che saranno la grande delusione di questo giro del Peru', tutti ritirati tra la seconda e la terza tappa e raccolti dal pulmino ammiraglia che vigila sulla buona salute degli atleti.

GIORNO 1
Un bel gruppo. Il primo giorno, sulla vetta del monte, si gela. La discesa e' molto tecnica, la strada, a tratti, e' attraversata da torrenti e cascate. Dopo la diffidenza iniziale, si vola, inzuppati fradici, con le ruote della bici che sollevano terra e pioggia. Nel pomeriggio, per non farsi mancare nulla, partiamo per fare rafting. Il fiume e' impressionante, gonfio per il mese delle precipitazioni, con rapide di livello tre e mezzo, a tratti quattro. Lottiamo per due ore contro la forza della corrente, volando da una parte all'altra. Uno dei due gommoni viene letteralmente scaraventato per aria e piccoli caschi gialli annaspano tra le onde cercando salvezza. A conti fatti, un solo ferito.
Piu' uno caduto in bicicletta. Meno due per la lotta in classifica.

GIORNO 2
Partenza alle sette di mattina, piove, insistentemente. Si cammina, la strada e' chiusa per la presenza di frane. Attraversiamo un tratto di corsa mentre ancora le rocce rotolano gettandosi nel letto del fiume impetuoso. Dopo un po' la pioggia se ne va e si sale sul fianco della montagna, sull'antico sentiero inca, fatto di pietre e gradini. Quando la strada esce dalla macchia di alberi di maracuja il paesaggio e' impressionante. Siamo praticamente nel vuoto, aggrappati a una lingua di roccia che cammina sullo strapiombo. C'e' chi e' in grossa difficolta'. Chi mastica foglie di coca. Tutti ci segnamo il volto con il rosso estratto da una pianta rituale, come gli antichi messaggeri. Oggi si fa classifica. Al termine della tappa, forse nove, dieci ore nelle gambe.

GIORNO 3
Si riparte, in cammino. Un ponte di corda sul fiume. Poi una carrucola con cestello, che passa da una sponda all'altra, mentre le gocce dei flutti di bagnano il volto. Il giorno prima abbiamo anche avuto l'ormai classico tronco d'albero per attraversare una stretta gola che, nell'immaginario di tutti, era popolata da piraña e coccodrilli. Nel pomeriggio appare la sagoma della montagna di Machu Picchu, e il pueblito turistico di Agua Caliente, ultima tappa prima della salita alla meraviglia del mondo.

GIORNO 4
Sono le quattro di mattina e c'e' grosso fermento tra le strette vie di Agua Caliente. Alle quattro e mezza apre il ponte per iniziare la salita a Machu Picchu. Il sito apre alle sei, e chi vuole visitare la parta piu' alta, ovvero la montagna di Huayna Picchu, deve rientrare tra le prime quattrocento persone. Da non dimenticare che alle cinque e mezza inizia il servizio autobus, al prezzo esagerato di quindici dollari, ma comunque molto richiesto. Ma il vero viaggiatore sale a piedi, sia chiaro.
Gradini di pietra, al buio, luce di torce e gente che corre, poi crolla, su panchine improvvisate. Ce la facciamo, in un'oretta. L'olandese a tirare il gruppo, l'italiano in fuga con il colombiano rivelazione, gli irlandesi determinanti nella fase finale. Tutto il gruppo qualificato.
E poi, cosa dire. Machu Picchu. Una citta' sulla cima di una montagna, sentieri che si inerpicano sulle vette, lama che brucano indisturbati. Un tempio astronomico che segna equinozi e solstizi con una precisione inaspettata, terrazzamenti per le coltivazioni, e il rumore, lontano, del fiume Urubamba, ridotto a una linea sottile sul fondo della valle.
Fine del tour. La sera si fa ritorno a Cuzco, in treno e autobus, con una meraviglia del mondo in piu' negli occhi e nel cuore.


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